Con uno spettacolo totalmente autobiografico un’attrice apre il suo cuore al pubblico con semplicità, ironia e senza vergogna o paura del giudizio. Cosa succede quando si accetta di essere lesbica all’età di 33 anni e si affronta l’universo della sempre poco discussa omosessualità femminile?

 

 

In occasione della 7a edizione della rassegna teatrale LGBT “Lecite Visioni” che si è tenuta al Teatro Filodrammatici di Milano a ottobre scorso, ho presentato il mio spettacolo Le donne baciano meglio, per la regia di Marco Taddei e prodotto dal Teatro della Tosse. Mi aspettavo che la redazione di Pride mi facesse un’intervista e, invece, con un’abile parlantina mi hanno costretto a scrivere questo articolo da sola! “Spettacolo bellissimo, sei stata bravissima, ma sai non abbiamo una ragazza che abbia visto lo spettacolo e che possa fare la recensione. Ci teniamo che sia una donna a parlarne, perché non lo fai tu da sola?” I maschi gay sanno essere dei gran paraculi.

Questo testo è totalmente autobiografico. Con semplicità, ironia e senza vergogna o paura del giudizio, racconto sul palco per un’ora e ventisei minuti (sono precisa) le cose più intime che mi sono capitate da quando ho preso in mano la mia vita e ho accettato di essere lesbica all’età di 33 anni. Da qui si dipana un percorso in compagnia di diversi personaggi, che mi condurranno alla totale accettazione di me. Il monologo comico parte da una doppia esigenza: da una parte il bisogno di raccontarsi, dall’altra quello di affrontare la tematica dell’omosessualità femminile, sempre poco discussa. Ironico e stravagante, lo spettacolo tocca il tema dell’innamoramento e della metamorfosi personale, utilizzando il palcoscenico come grande camerino all’aperto.

Chi non è del mestiere trova incredibile pensare che una persona possa raccontare se stessa in questo modo, senza mettersi una maschera e diventare un personaggio diverso da sé. Egocentrismo? Forse un pochino, ma come diceva il mio insegnante di storia del teatro: “Se un testo è autoreferenziale, sei un egocentrico. Se un testo è universale, parla di te sì, ma a tutti, allora sarai anche un po’ egocentrico, ma sei sulla strada giusta”.

E invece, nella maniera più intima, io apro il mio cuore al pubblico come in quei film americani, dove il protagonista si ritrova al bancone con uno sconosciuto ubriaco e malinconico che ti racconta la sua vita. Solo che non sarò né ubriaca, né malinconica. Perché l’ironia e l’autoironia sono le basi di questa storia. Quello che voglio è creare comunità. Niente barriere, niente quarta parete, niente personaggio. Ci sono solo io e chi ha cuore di ascoltare.

Mi sono ritrovata a chiedermi se avessi mai messo in imbarazzo i miei genitori per i racconti che faccio, o fosse giusto parlare di persone reali, che si sarebbero ritrovate, loro malgrado, protagonisti della mia storia. Ma poi mi sono detta: “Sai che c’è? Io questa storia la racconto, perché sento che è importante farlo”. Credo ci siano persone che desiderano sentire di come ce l’ho fatta, perché magari possono fare uguale, o altre invece che si sollevano perché “grazie a Dio” i loro figli non hanno fatto così!

E qui metto una parentesi, perché non solo mi fanno scrivere l’articolo da sola, ma quando gliel’ho consegnato mi è tornato indietro con una domanda e una richiesta: “Così come? Riesci a scrivere qualcosa?”

Avevo talmente represso la mia omosessualità che quando è uscita era incontenibile. Lo dicevo a tutti, tipo, vedevo il fruttivendolo e gridavo: “Sono lesbicaaaaa”. Non avevo più nessun tipo di pudore, anche davanti ai miei genitori.

Tornando a noi… credo ci potranno poi essere persone semplicemente incuriosite nel sentire parlare di questo argomento o altre invece frustrate nel constatare quanto brutto sia non accettarlo, e poi ce ne saranno altre ancora invece sollevate nel vedere che si può fare, si può stravolgere la propria vita in qualunque momento! E la frase fatta del “non è mai troppo tardi” funziona, perché scopri che la vita è tua e soltanto tua e se gli altri soffrono per la tua felicità è un problema loro.

Credo che se tu non lo sia gay, ti ci possa riconoscere lo stesso nel primo bacio, nel primo fallimento, in come ti batteva il cuore la prima volta che ti sei innamorato o di come hai sofferto quando sei stato abbandonato. In come poi, il tempo, ti abbia fatto capire quali sono le persone che ti piacciono e quelle che invece… “sai che no?” In come alla fine cresci e scopri che l’amore non è, guarda un po’, sofferenza e struggimento ma semplicità e pace.

Credo che almeno ognuno di noi si potrà riconoscere in una parte del mio monologo (piccola o grande che sia), e se anche non dovesse riconoscersi, potrà comunque ascoltare una storia divertente e piacevole. Insieme faremo questo viaggio, magari davanti a una caraffa di birra o una bottiglia di vino.

 

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