Alessandro Fullin ritorna in scena con Suore nella tempesta, dove veste i panni di una madre superiora alle prese con i disastri della guerra e i pruriti erotici delle consorelle quando nel suo monastero approdano soldati disertori e tedeschi minacciosi. Tanto divertimento ma anche spunti di riflessione su temi di attualità.

 

Tempo fa l’avevamo lasciato alle prese con la parodia delle illibate eroine di Louisa May Alcott in Piccole Gonne. Poi lo abbiamo ritrovato nei severi panni di Dante Alighieri nella Divina, disperato perché il papa ha abolito il Purgatorio e di conseguenza cestinato un terzo della Commedia. Ora l’imprevedibile Alessandro Fullin ritorna sulle scene coperto da capo a piedi da una nera tonaca.

Succede in Suore nella tempesta, dove il nostro interpreta una sadica madre superiora che regge le sorti del convento che ospita le Sorelle di Santa Tecla, un ordine “ecologico” (oltre ai doveri spirituali hanno anche quello di lasciar pulito il pianeta) di cui fanno parte Suor Umida e Suor Plastica, aggirandosi per il convento con il teschio di santa Sabina in mano “per fargli prendere aria”.

Il contesto storico in cui è ambientata la vicenda non è certo dei più lieti. Siamo nella Torino del 1944, ancora in piena guerra quando, dopo l’8 settembre e l’armistizio firmato da Badoglio, l’esercito italiano è in rotta e le città sono occupate dalle milizie tedesche.

Anche se in via Monginevro regna ancora la pace, per le monache sono comunque tempi davvero duri. Non bastassero i problemi con la carenza di cibo e di acqua, al portone delle suore bussa il soldato Piero che necessita di un rifugio per nascondersi dagli ex alleati i quali però, nella persona del capitano Von Strudel, sorvegliano il monastero.

Per loro fortuna, quest’ultimo è più interessato alla propria capigliatura, ai fotoromanzi e ad apprendere nozioni di dialetto piemontese per “familiarizzare” meglio con i maschi locali che a Hitler.

Non ci si stupisce quindi che la barba di Piero, fornito di tonaca e ribattezzato suor Carta e Cartone, così la differenziata prende sempre più forma, passi inosservata. Nonostante il terrore per i bombardamenti americani e i sospetti dei sottoposti di Von Strudel, a sua volta costretto a rifugiarsi tra quelle mura con il nome di suor Pila Esausta dopo che la sua gayezza è tracimata, la spinta del desiderio diventa impellente anche tra le austere mura.

Piero, la cui notevole dotazione virile è stata apprezzata anche dalla superiora, corteggia suor Umida e costei, al pari della collega monaca di Monza di manzoniana memoria, risponde alle sue attenzioni, godendosi appieno quel frutto proibito.

Quando tutto sembra precipitare, ecco irrompere in città l’esercito americano che avvia la liberazione dal giogo tedesco: a siglare il lieto fine non manca un miracolo patrocinato da santa Tecla: la nascita di un bebè con due papà.

Alessandro Fullin, anche regista della pièce, per la scrittura si è ispirato a un suo libro pubblicato in dialetto triestino Le Basabanchi che ha arricchito di spunti e battute, al suo solito, fulminanti. Per il personaggio della superiora sfodera una gamma mimica e vocale di sicuro impatto, giocando sui registri dell’ironia e delle scomode verità, lanciando anche qualche avveduto messaggio sulla fluidità delle preferenze sessuali.

Accanto a lui Tiziana Catalano, Diego Casale, Simone Faraon, Sonia Belforte, Paolo Mazzini e Sergio Cavallaro (anche coreografo) si prodigano generosamente alternando recitazione, danza e canto.

Applausi a scena aperta e calda accoglienza al teatro Martinitt di Milano dove Suore nella tempesta rimane in scena sino al 10 marzo per proseguire in tournée in Italia.

La (esilarante) videointervista: “È una commedia molto particolare perché ho usato due donne biologiche nella mia commedia; di solito ne metto solo una perché è come il tè: se lo fai troppo carico non piace, è un po’ un rischio…”.