(parte 2)

foto di Chris Johnson per Unsplash.com 

 

  1. Il dibattito sulla “stepchild adoption”

 

La “stepchild adoption” è inscritta nella legge italiana, disciplinata dall’art. 44 della legge sull’adozione (l. 184/1983). Un coniuge può chiedere in tribunale di adottare il figlio dell’altro coniuge, con il consenso dell’altro genitore (se raggiungibile).

La proposta di legge sulle unioni civili conteneva un articolo che estendeva tale facoltà alle coppie dello stesso sesso che avessero contratto l’unione civile. Si generò un aspro dibattito sulla questione finché il governo decise di far cadere tale disposizione. I parlamentari cattolici si opposero e fu indetta un’altra grande manifestazione per richiedere la cancellazione dell’intera proposta di legge: il terzo Family Day si tenne il 30 gennaio 2016.

Questa volta ebbe solo l’appoggio informale della Chiesa e del Forum delle Famiglie, gli organizzatori del primo Family Day.[1] Il 22 gennaio 2016, papa Francesco tenne un discorso contro la proposta di legge, sostenendo che la famiglia voluta da Dio non dovrebbe essere confusa con altri tipi di unione. Questo fu il suo primo intervento nella politica italiana. All’interno del dibattito sono emerse due opposte interpretazioni: la logica attribuita all’articolo da Cirinnà consisteva nella semplice regolarizzazione di legami familiari preesistenti non riconosciuti dalla legge, mentre l’opposizione sosteneva che ciò avrebbe aperto le porte alla maternità surrogata.[2]

La maternità surrogata era descritta in termini di “gay che comprano bambini”, un grido indignato lanciato dai tradizionalisti cattolici che organizzano le veglie de Le Sentinelle in piedi (Righetti 2016) e le campagne contro la “teoria del gender” – una miscela di attacchi al femminismo e di difesa della naturale esistenza di due sessi.[3]

Gli oppositori del movimento LGBT ne mostrarono il tallone d’Achille: il ricorso a madri retribuite da parte di uomini gay per avere dei figli. Famiglie Arcobaleno ha incessantemente sostenuto tale pratica fin dalla sua fondazione nel 2005, attraverso pagine web e la promozione di incontri a essa dedicati: i suoi membri gay ricorrono pubblicamente alla maternità surrogata all’estero (USA e Canada) e vorrebbero introdurre tale istituzione giuridica in Italia.[4]

Arcigay non ha preso alcuna posizione, ma nel 2014 il proprio leader, Sergio Lo Giudice, e il suo partner divennero padri tramite maternità surrogata in California. Nel 2012 anche Arcilesbica si schiera a favore della legalizzazione, seppure in forma libera e volontaria – con un successivo dibattito interno nel quale molte socie riconobbero come non vi fossero legislazioni in cui non fosse prevista alcuna retribuzione per le madri, anche dove la maternità surrogata è ufficialmente definita “altruistica”.

Rete Lenford, un network di esperti legali impegnati nella lotta contro la discriminazione verso i cittadini LGBT nel sistema giuridico italiano, non ha preso ufficialmente posizione ma nell’aprile del 2016 ha organizzato una conferenza sulla maternità surrogata in cui intervenne persino una storica del diritto, che presentò come fulgido esempio il “prestito di moglie”, un istituto dell’antica Roma nel quale un uomo poteva dare in prestito la propria moglie a un altro per permettergli di avere dei discendenti [voglio ignorare se si trattasse di affitto o di dono][5].

Alcuni membri di AGEDO hanno informalmente espresso entusiasmo per tale modalità di diventare nonni attraverso i propri figli gay. Nonostante ciò, le associazioni LGBT hanno sempre sostenuto la falsità della posizione secondo cui la stepchild adoption avrebbe dato allo stato italiano lo slancio verso l’approvazione della maternità surrogata (all’estero).

La giornalista Marina Terragni (2015) sintetizzò la situazione nei termini di “dilemma della stepchild adoption”. Questa nuova possibilità per le coppie gay e lesbiche con bambini incoraggerebbe la maternità surrogata? “Probabilmente sì, visto che sarebbe rimosso un ostacolo. Ma non risulta vero il contrario: cancellare la stepchild adoption non fermerà tali pratiche […]. Tuttavia una cosa è certa: impedire la stepchild adoption danneggerebbe affettivamente, psicologicamente e altrimenti i bambini che stanno crescendo in queste famiglie.” Il dilemma, conclude la giornalista, è reale.

Nel dicembre 2015, le femministe di “Se non ora quando-Libere” hanno diffuso una petizione per richiedere la proibizione della maternità surrogata a livello internazionale. Ciò fu contestato come intempestivo da parte di altre femministe e da alcune voci di sinistra, data la discussione parlamentare in corso sulle unioni civili[6].

In tali circostanze, alcuni attivisti LGBT come Aurelio Mancuso (Equality Italia) e Cristina Gramolini (Arcilesbica) espressero aperta opposizione verso la maternità surrogata firmando la petizione, mentre Arcigay rimproverò le femministe “inopportune”: “Siamo sempre stati contro lo sfruttamento di persone e corpi, un fenomeno che interessa anche la maternità surrogata in molte parti del mondo.”[7]

Il movimento LGBT scelse una tattica che negava il dilemma: “In queste ultime settimane il dibattito sul DDL Cirinnà – e in particolare sulla stepchild adoption, che altro non è che il riconoscimento per legge del genitore di fatto nelle famiglie con genitori omosessuali – è stato abilmente distorto e strumentalizzato da personaggi omofobici e contrari a qualsiasi forma di estensione di diritti civili. Tale operazione appare profondamente disonesta perché questi personaggi sanno benissimo che l’accesso alla GPA riguarda principalmente le coppie eterosessuali infertili e mai prima d’ora si era posto l’argomento all’attenzione dei media” (Famiglie arcobaleno 2015a).

Nei comunicati stampa di Arcigay (2013-2016) il solo riferimento alla maternità surrogata è stato espresso in occasione della proposta di un parlamentare PD di introdurre nella legge sulle unioni civili una clausola penale contro la maternità surrogata: “quel disegno di legge non parla di gestazione per altri, non la autorizza né la incentiva. Chi vuole portare quel tema in questo dibattito è evidentemente in malafede” (Arcigay, 2016b).

Tuttavia le coppie gay la pensavano diversamente: “Stefano 33 anni e Marco 36 iniziano a pensare a un figlio, ma vogliono prima essere sicuri della tenuta della loro coppia e della possibilità per il padre non biologico di adottare il bambino. “Senza la stepchild adoption uno di noi verrebbe estromesso dal riconoscimento e non solo non è giusto ma è troppo pericoloso” (Corbi, 2016).[8]

I due uomini, volendo commissionare un figlio all’estero investendo ognuno oltreoceano una quota di circa 100.000 euro, vorrebbero presumibilmente la certezza di essere riconosciuti come famiglia. L’intervista è stata raccolta a Roma in occasione della manifestazione Svegliatitalia, che ebbe luogo in altre centinaia di città italiane il 23 febbraio 2016.[9]

Giulia Innocenzi, una giovane e famosa giornalista (eterosessuale), fu la prima a parlare sul palco romano dichiarando di mettere il proprio corpo a disposizione di una coppia gay. Difese Nichi Vendola, leader di SEL appena tornato dalla California con un neonato. Il resto di coloro che intervennero sul palco appartenevano al movimento LGBT e non tornarono sul tema. L’offerta risulta ancora valida.

All’interno di questo dibattito le madri lesbiche sono state pressoché dimenticate. Tra i 420 articoli pubblicati dal Corriere della Sera sulle “unioni civili” tra il gennaio 2013 e il febbraio 2017, la radice “lesb” è stata usata 56 volte (7 menzionando Arcilesbica). La Stampa, invece, riportava 363 articoli riguardanti le “unioni civili” con 33 menzioni di “lesb”. In media, “lesbica” è stato impiegato lo stesso numero di volte rispetto a “trans”, un quarto delle volte rispetto a “omosessuale” e otto volte meno di “gay”.

Ancora più impressionante è il risultato della ricerca riguardante l’impiego del termine “stepchild”: il Corriere della Sera riporta 24 articoli sul tema di cui solamente 7 menzionano le lesbiche (uno solo per Arcilesbica), mentre su La Stampa ne risultano 186 tra cui 19 recano un qualche riferimento alle lesbiche.

Non solo le lesbiche, ma le donne in generale vengono cancellate: la maternità surrogata è un istituto giuridico che cancella il principio del mater semper certa est, il quale attribuisce universalmente la genitorialità legale alla donna che partorisce. La maternità surrogata è invece presentata dai portavoce LGBT come “tecnica” per la riproduzione assistita, cancellando la madre prima/biologica/naturale che il neonato conosce.

La gravidanza non consiste certo in una tecnica, ma tale pensiero risulta diffuso all’interno del movimento LGBT: “la stepchild adoption è una misura debole, insufficiente e fortemente discriminatoria che permetterebbe però di tutelare in parte i minori nati dalla volontà di due uomini o di due donne grazie all’eterologa e la Procreazione Medicalmente Assistita, attuata all’estero” (Famiglie arcobaleno 2015c); “Io e mio marito, all’epoca ancora il mio compagno, siamo diventati genitori negli Stati Uniti grazie all’aiuto di due donne – una donatrice di ovulo e una gestante, che ha portato avanti la gravidanza – con la tecnica nota come ‘gestazione per altri’” (Rossi-Marcelli, 2015, 8; si veda anche Winkler e Strazio, 2011, 204 e 209).[10]

Raramente è conferito un significato sociale alla differenza biologica fondamentale nel modo in cui le coppie lesbiche e le coppie gay diventano genitori. Sono così costretta ad affermare l’ovvio: le donne possono rimanere incinte e avere figli dando vita a una famiglia; “gli uomini che hanno bambini” tramite la maternità surrogata li stanno prendendo dalle donne. Impiego la parola “prendere” dal momento che, all’interno di questa istituto giuridico, se la madre cambia idea e decide di allevare il proprio bambino ci sono pressioni legali, economiche e sociali affinché vi rinunci; quanto più tale istituzione si diffonde, tanto maggiori saranno le costrizioni. Dal momento che la committenza paga per il bambino, sente di averne diritto.

Comprare lo sperma, o avvalersi di un venditore di sperma, significa avere a che fare con un prodotto corporeo che per sua natura è portato a staccarsi dal corpo maschile, e chiaramente può essere impiegato senza alcuna assistenza medica. D’altro canto, dare il proprio sperma e ricevere un bambino in cambio di soldi connota l’evento come acquisto di un bambino anche se lo sperma è il proprio; l’apporto biologico, infatti, non dà diritto a diventare un padre sociale escludendo la madre – solamente un contratto può assicurare questa mancanza di relazione del neonato con la madre (l’offerta di Giulia Innocenzi non risulta quindi appetibile per un uomo gay perché difetta di questa garanzia).

Inoltre, il fatto che la legge non debba essere discriminatoria in tutti gli altri casi non tange la questione poiché la differenza non è una facoltà legale ma una capacità biologica nella procreazione. La facoltà legale di prendere parte a un processo adottivo è negata alle unioni civili, tuttavia questa discriminazione non sembra essere al centro delle rivendicazioni del movimento LGBT (nonostante Arcigay dedichi una parte della sua homepage a questa richiesta).

Solo pochi commentatori (Niccolai, 2015; Muraro, 2016; Terragni, 2016) hanno suggerito di connotare diversamente la situazione delle coppie di madri lesbiche. Nessuno si cura delle famiglie lesbiche, nemmeno loro stesse, dato che quelle all’interno di Famiglie Arcobaleno dichiarano di non volere all’interno della legge un articolo a loro favore in caso di esclusione dei padri gay: “la nostra campagna #figlisenzadiritti non fa distinzioni tra madri lesbiche e padri gay, tra figli nati con GPA o PMA [procreazione medicalmente assistita]” (Famiglie arcobaleno 2015a).

(continua)

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[1] Venne lanciato da “Difendiamo i nostri figli” (www.difendiamoinostrifigli.it) per cancellare la proposta di legge. I partiti Ncd (al governo), Lega Nord, Fdi e Fi parteciparono, oltre a Le sentinelle in piedi, Alleanza Cattolica, Neocatecumenali, Rinnovamento per lo Spirito, Movimento per la Vita, il Forum delle Famiglie, facente parte di Cl. Invece, Azione cattolica, Agesci, Cei e altre associazioni cattoliche non parteciparono. I vescovi della Cei non richiesero la cancellazione dell’intera legge, ma solo della stepchild adoption. Difendiamo i nostri figli è un gruppo che si mobilita in “difesa della famiglia” contro “l’ideologia gender”: sia il femminismo che la negazione dell’esistenza dei sessi.

[2] Renzi dichiarò di essere contrario alla maternità surrogata (“governo alla conta Renzi: condanno l’utero in affitto Rissa Pd-grillini,” La Stampa, 10.2.2016. p. 1).

[3] Vi sono due filoni italiani di “gender theory”, o anche “teoria queer”: Bernini (2016), che nega che Butler postuli l’inesistenza del “sesso” in senso biologico, e Zappino (2016) che invece lo sostiene. In ogni caso gli intersessuali sono rare eccezioni e non costituiscono affatto un terzo sesso biologico, sebbene pongano molteplici problemi alla semplice definizione binaria del sesso.

[4] Di seguito il commento di un blog cattolico circa la posizione adottata da Famiglie Arcobaleno sulla maternità surrogata: “La leader delle Famiglie Arcobaleno ha voluto parlare solo «della maternità per altri come viene praticata in Canada o negli Stati Uniti quella che noi di Famiglie Arcobaleno conosciamo bene e promuoviamo». Le Famiglie Arcobaleno promuovono la pratica per cui una madre generosa regala il suo neonato appena concepito ad una coppia omosessuale? Come è possibile approvare e promuovere la mercificazione della vita umana, la banalizzazione dell’essere umano come oggetto da produrre con l’obiettivo di commerciarlo al miglior acquirente o regalarlo agli amici più cari?” (http://www.uccronline.it/2013/08/12/le-famiglie-arcobaleno-promuovono-il-traffico-di-uteri-e-neonati/).

[5] Monica de Simone, Università degli studi di Palermo: “La surrogazione di maternità: attualità di un fenomeno dalle radici antiche”, relazione presentata a “Nuove” forme di filiazione: la gestazione per altri, tra illegalità domestica e pluralità delle discipline straniere (Roma 15.4.2016).

[6] Ma si leggono proposte legislative che la vogliono introdurre. Queste al Senato: la proposta di legge di Manconi sulle TRA (S1607), mentre pare la si dia per scontata in quelle di Orellano ed altri (M5S) e di De Petris (Gruppo Misto) ed altri, che ammettono la Gpa in quanto “tecnica di riproduzione medicalmente assistita” nell’introdurre il matrimonio per le persone dello stesso sesso (S393 e S204).

[7] “ArciGay contro l’appello delle donne sull’utero in affitto” http://www.gay.it/attualita/news/ArciGay-contro-appello-femminista-contro-utero-in-affitto.

[8] L’articolo, intitolato “Il nostro sogno di normalità: diritti, matrimonio e figli”, racconta inoltre delle preoccupazioni di una coppia lesbica rispetto al fatto che il loro figlio di sei anni potesse finire affidato al padre (“uno sconosciuto”), qualora fosse successo qualcosa alla madre biologica.

[9] Organizzata “per l’uguaglianza e i pari diritti” dalle associazioni LGBT ArciGay, ArciLesbica, Agedo, Famiglie Arcobaleno, Mit, with Amnesty International, Cgil, Uil, Arci, Uuar, Coordinamento Genitori Democratici, Rete Studenti Medi, Unione degli Universitari, Legambiente etc.

[10] La tecnica utilizzata fu la Fivet, ma non è sempre impiegata nella maternità surrogata.