Due innovative mostre a Genova formano un unico progetto culturale sull’identità LGBT e le presenze omosessuali nel patrimonio artistico della città. Nuove chiavi di lettura rendono visibili pulsioni e passioni omoerotiche che irrompono nella realizzazione o nella scelta tematica di un affresco, di un dipinto o di una statua.

 

In occasione del cinquantesimo anniversario dei moti di Stonewall e dei venticinque anni dal primo pride italiano il Liguria Pride 2019, nella cornice del primo Village organizzato dal coordinamento Liguria Rainbow ai Giardini Luzzati di Genova, presenta “OMO” , un progetto culturale sull’identità LGBT. Due mostre che intendono valorizzare, in modo differente, le “presenze omosessuali” nell’arte e nella storia genovese e ligure, il cui accuratissimo catalogo è scaricabile gratuitamente a questo link.

Parlando di omoerotismo ci troviamo davanti a più significati a partire naturalmente dall’amore fra persone dello stesso sesso, perlopiù rappresentato in manifestazioni non esplicite (quindi senza richiami sessuali diretti).

Omoerotismo però vale anche per tutto quello che concerne i legami omo-affettivi fra persone eterosessuali, come l’amicizia intima / romantica / spirituale e il cameratismo (spesso queste sono state in passato delle valide forme di camuffamento per giustificare agli occhi della società vere e proprie relazioni di natura omosessuale che altrimenti sarebbero state condannate).

Infine omoerotismo è l’arte a carattere omosessuale esplicitamente erotica (quindi già in contraddizione col punto precedente). L’omoerotismo in una qualunque opera d’arte può essere volontario o involontario secondo un’ampia casistica.

E le donne? L’omoerotismo, a scanso di equivoci, riguarda certamente anche le donne, sebbene sia molto più raro trovare opere rappresentative prima del ventesimo secolo. Questo è dovuto principalmente al fatto che la maggior parte degli artisti erano maschi, sebbene comunque soggetti di amori femminili non fossero infrequenti (uno su tutti, Diana e Callisto).

Le società fortemente maschiliste del passato (e del presente) mettono in gioco pure il fatto che i soggetti di amori femminili siano stati molto spesso realizzati per un pubblico o una committenza maschile, anche se quello che può in passato essere stato commissionato come divertissement, oggi può legittimamente trascendere ed educarci a una nuova consapevolezza.

OMO-ART – Omoerotismo e presenze LGBT+ nell’arte a Genova è un museo virtuale online e un “museo diffuso” nella città pensato per accompagnare lo spettatore in una visita inconsueta e sorprendente nelle gallerie, nei palazzi e nelle strade genovesi, per far guardare con “occhi nuovi” alcune delle opere esposte nei vari luoghi, riscoprendone la storia e il significato.

Tre sono stati i criteri scelti per la “riassegnazione” dell’opera in chiave LGBT: il suo carattere omoerotico (consapevole o inconsapevole che sia); il tema esplicito; il vissuto del committente o dell’artista. Le opere selezionate per questa prima edizione sono venti e comprendono, fra gli altri, i nomi di Guido Reni, Pierre Puget, Perin del Vaga, Salvator Rosa, Antonio Maria Morera, Bernardo Castello, Gino Grimaldi, Giulio Monteverde, Alimondo Ciampi.

Mitologica ed erotica si intrecciano negli affreschi di Perin del Vaga per la Caduta dei Giganti nell’antico palazzo del Principe, con il grappolo di corpi caduti in posizioni improbabili, accatastati l’uno sull’altro: corpi belli, anatomicamente perfetti che si esibiscono nudi, giacendo in diversi modi, attitudini, posture; uomini con uomini. Corpi incastrati che vorrebbero anche toccarsi, visi e mani che vorrebbero anche sfiorarsi.

Nerboruto e adulto ufficiale romano trasformato in erotico efebo di cui esalta la bellezza della giovinezza e della nudità, il San Sebastiano martire di Guido Reni a Palazzo Rosso è un vero e proprio simbolo dell’omoerotismo e opera celebrata in tutto il mondo, eletto come prototipo della sensualità e delle pulsioni, per il piacere dell’occhio e della contemplazione estetica ed estatica…

Persino Yukio Mishima, considerato già in vita uno dei più importanti e discussi scrittori giapponesi, nel suo primo romanzo Confessioni di una maschera, una sorta di racconto semi-autobiografico narrato in prima persona, parla della sua iniziazione omoerotica davanti all’immagine proprio di quel dipinto.

E ancora lo sfruttamento dei miti greci per magnificare, tra Apolli, Giacinti e Ganimedi, un gusto erotico di artisti e committenti, lascia la porta aperta a non poche riflessioni. Un linguaggio allusorio di soggetti iconografici e metafore nei dipinti del Guidobono in Palazzo Centurione, e ancora di Perino nella villa del Doria, in un superbo viaggio della coppia olimpica Zeus-Ganimede.

Il Navigatore, altrimenti conosciuto come Il Marinaio d’Italia, invece, è una grande statua realizzata da Antonio Maria Morera nel 1938 in occasione della visita a Genova e in Liguria di Benito Mussolini. Si trova tuttora nella sua primitiva collocazione, opportunamente liberata dai fasci littori stilizzati che la ornavano e dall’iscrizione sul basamento “Giovinezza del Littorio fa di tutti i mari il mare nostro”.

Durante il fascismo questi atleti troppo virili hanno l’aria di posare per riviste gay: assenza di ambiguità, bellezza troppo perfetta, posizioni ostentate, arte superficiale da manifesto. Tutti i fantasmi dell’immaginario omosessuale si scatenano in queste figure erotizzate a oltranza, basti solo pensare alle sculture dello Stadio dei marmi di Roma prodotte negli anni trenta.

Apparentemente più facile accostarsi alla mostra OMO-STORY – Dal rogo al palcoscenico, racconti di storia LGBT+ in Liguria. Si tratta di dodici ritratti in grande formato, commissionati allo scopo di raccontare la vita delle persone (non necessariamente omosessuali) che hanno in qualche modo scritto una pagina della storia LGBT della Liguria.

Illustratori e illustratrici provenienti da tutta Italia, celebrano così il passato con la freschezza e la varietà stilistica del nostro tempo. Molteplice è lo sguardo che restituisce forza ed empatia a ogni ritratto, l’occhio dell’autore incontra quello del personaggio, questo a sua volta osserva ed è osservato dall’occhio dello spettatore, sollecitato a prendere coscienza di sé attraverso la conoscenza dell’Altro. In questa prima edizione, fra le altre, sono celebrate le figure di Fabrizio De André e di Mario Soldati in occasione dei vent’anni dalla loro scomparsa.