Anche se la ricerca scientifica e la terapia hanno fatto passi da gigante lo stigma intorno al virus HIV purtroppo c’è sempre, e alla conferenza ICAR 2019 sono andate in scena anche superficialità, ignoranza e arroganza.

 

Ricerca e terapie sono state al centro di ICAR – Italian Conference on AIDS and Antiviral Research che si è tenuto dal 5 al 7 giugno all’Università Statale di Milano però, ascoltando le relazioni presentate da ricercatori e associazioni, si è capito che U=U (Undetectable = Untransmittable, non rilevabile uguale non trasmissibile, N.d.R.) e PrEP sono la vera rivoluzione.

Ma prima di affrontare i temi scientifici, desidero evidenziare due eventi decisamente spiacevoli: l’intervento della DIGOS e il comportamento che ho reputato poco professionale di Gerardo D’Amico, giornalista di RaiNews24.

Mercoledì 5 alla sessione di apertura di ICAR è stato chiamato a portare il saluto anche monsignor Mario Delpini, l’arcivescovo metropolita di Milano. Molte delle persone militanti delle varie associazioni, coinvolte nell’organizzazione del congresso e da anni impegnate nella lotta all’HIV, non hanno particolarmente gradito questa presenza e hanno esposto uno striscione con la scritta nei colori arcobaleno “NO DISCRIMINATIONS”.

Facevo parte del gruppetto che sosteneva lo striscione, quindi tengo a precisare che non abbiamo proferito parola, ci siamo limitati all’esposizione, eppure alla fine è arrivata la DIGOS a chiedere i documenti alle persone impegnate in questa pacifica manifestazione, ennesima conferma che tira una brutta aria. Lo striscione incriminato ora è esposto nella sede di ASA Milano l’associazione che lo ha realizzato.

E ora passiamo a Gerado D’Amico chiamato a fare da moderatore alla tavola rotonda di venerdì 7 dedicata a U=U, dove erano state chiamate a intervenire alcune persone sieropositive e una coppia sierodiscordante.

In primo luogo D’Amico ha dato prova di non conoscere la differenza tra HIV e AIDS, poi ha ripetutamente interrotto, con battute stupide, Pigi Mazzoli mentre raccontava la sua esperienza di persona sieropositiva da oltre 34 anni e non ha dato la parola Franco Del Molin, il suo compagno sierodiscordante. Forse pensava di essere molto spiritoso, invece ha solo disturbato il pubblico e tolto spazio a una tavola rotonda che aveva interventi molto interessanti. La mia domanda è perché vengono invitati personaggi che sono sempre alla ricerca di un palco dove mettersi in mostra?

 

U=U e il problema sommerso

Oltre 37 milioni di persone vivono nel mondo con l’infezione da HIV. In molti paesi la proporzione di pazienti che ha accesso alla terapia antiretrovirale e che è in grado di controllare la replicazione del virus oscilla tra il 50 e il 60%. Ma in Italia lo scenario è decisamente migliore: oltre il 90% dei pazienti che accede alle cure è “undetectable”, ossia in grado di controllare completamente la replicazione virale. Abbiamo tuttavia necessità di opzioni terapeutiche semplici, ben tollerate, con un’efficacia terapeutica superiore al 90%, per favorire l’aderenza alla terapia e mantenere il successo virologico nel tempo.

Il tema U=U – Undetectable = Untransmittable costituisce una novità rilevante tanto sotto il profilo epidemiologico quanto sotto quello sociale, poiché stravolge l’impostazione di molte campagne di sensibilizzazione e prevenzione. In termini di sanità pubblica è la dimostrazione più evidente che la TasP (Treatment as Prevention, trattamento come prevenzione) funziona e che l’estensione della terapia a tutte le persone con HIV è uno strumento ottimale nel controllo dell’epidemia.

Non solo: dato che “non rilevabile è non trasmissibile”, la paura, lo stigma, le discriminazioni, l’emarginazione possono essere finalmente archiviati come cose del passato. Nonostante la portata rivoluzionaria di questo studio, le precauzioni, prima tra tutte l’uso del profilattico rimangono uno strumento imprescindibile per ridurre il rischio di trasmissione di HIV e di altre malattie sessualmente trasmissibili con un partner che non si conosce.

Il vero problema dunque non sono i soggetti con infezione da HIV in terapia (oltre 100.000 in Italia), bensì il cosiddetto “sommerso”, ossia coloro che sono infetti dal virus ma non ne sono consapevoli. Un numero di soggetti che nel nostro paese si stima che ammonti a circa 15.000 persone: costoro, oltre a essere un problema per se stessi, in quanto non diagnosticati e non in trattamento progrediscono verso la malattia, sono un pericolo per la società, in quanto potenziale fonte inconsapevole di trasmissione.

Anche la PrEP – profilassi pre-esposizione è un valido aiuto per il controllo dell’epidemia. In Italia i più impegnati su questo fronte sono le associazioni che accompagnano le persone in un percorso per accedere alla profilassi. A Milano dal 2017 a febbraio 2019 è stato attivo lo Sportello PrEP di ASA che è poi confluito nel Check Point aperto grazie all’impegno di cinque associazioni (Anlaids, ASA, CIG Arcigay Milano, Lila Milano e NPS) alla Casa dei Diritti del Comune di Milano.

 

Le nuove terapie

Entro l’autunno saranno disponibili in Italia due nuove opzioni terapeutiche in STR (single tablet regimen): la prima prevede l’utilizzo di bictegravir, inibitore dell’integrasi di seconda generazione, mentre la seconda di doravirina, inibitore non nucleosidico della trascrittasi inversa di ultima generazione.

“Abbiamo necessità – spiega la Prof.ssa Antonella Castagna, Professore associato Malattie Infettive, Università Vita-Salute San Raffaele, Milano – di nuove opzioni terapeutiche per prevenire e combattere il fenomeno della resistenza, fenomeno fortunatamente molto limitato in Italia ma che affligge già i paesi a risorse terapeutiche limitate”.

Per i pazienti italiani HTE (highly treatment experienced), con limitate opzioni terapeutiche (si stima il 3-5% dei pazienti che ha accesso alle cure) si è in attesa di due nuovi farmaci, entrambi capaci di ostacolare l’ingresso del virus nella cellula con meccanismo d’azione innovativo.

Fostemsavir è un farmaco antivirale, somministrabile per via orale, che agisce impedendo il legame tra il virus HIV e il recettore CD4 presente sulle cellule. Secondo Castagna “esistono già trials molto solidi in cui sono stati inseriti anche pazienti italiani, che dimostrano l’efficacia e la sicurezza del farmaco nella terapia dei pazienti complessi”.

L’altra opzione terapeutica, già registrata negli Stati Uniti, e in fase di valutazione in Europa, è rappresentata da ibalizumab, il primo anticorpo monoclonale contro l’infezione da HIV. Questo viene somministrato per via endovenosa ogni 14 giorni; i primi pazienti italiani lo stanno utilizzando da alcune settimane grazie al supporto di AIFA.

Ma per rispondere ai bisogni clinici dei pazienti i nuovi famaci non sono sufficienti, sono indispensabili nuove strategie terapeutiche. A ICAR si è posto l’accento sulla Rapid Art, vale a dire inizio quasi immediato, alla diagnosi, della terapia antiretrovirale con le possibili implicazioni per l’individuo e come strumento concreto per ridurre concretamente il numero di nuove infezioni.

In altri termini c’è l’esigenza di ridurre, per quanto possibile e senza mai compromettere l’efficacia virologica, l’esposizione dei pazienti ai farmaci antiretrovirali. Infatti, si è discusso della strategia 2DR (opzioni terapeutiche che prevedono l’utilizzo di due soli antiretrovirali) e la sua oculata collocazione nella terapia di prima linea e nel percorso di ottimizzazione terapeutica. Infine un nuovo scenario si affaccia all’orizzonte: i pazienti italiani di diversi centri sono inclusi nelle sperimentazioni di fase III che utilizzano cabotegravir-rilpivirina in somministrazione Long-Acting, una rivoluzione che intaccherà il dogma della terapia antiretrovirale quotidiana per via orale.

 

Epatite C: il sommerso è del 20%

L’epatite C è un’infezione pericolosa, ma ormai facilmente curabile con terapie brevi ben tollerate ed efficaci nel 99% dei casi. Le percentuali di guarigione osservate nelle sperimentazioni cliniche sono confermate da tutti i dati osservati nella pratica clinica reale su casistiche che comprendono migliaia di pazienti.

“Con le terapie che abbiamo a disposizione in Italia per tutti i pazienti con infezione da HCV siamo in grado di guarire il 99% dei soggetti con infezione” ha sottolineato il Prof. Massimo Puoti, Direttore S.C. Malattie Infettive, ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda.

Due stime sulla popolazione generale effettuate sui pazienti che accedono agli studi dei medici delle cure primarie (il medico di base) fanno ritenere che in Italia la percentuale dei pazienti nella popolazione generale con epatite C che non sa di avere l’infezione non sia superiore al 20%.

Tuttavia la percentuale è molto più elevata in categorie a rischio, come i soggetti con dipendenza da sostanze. Questi non vengono sottoposti al test in maniera uniforme nelle strutture sanitarie dedicate e non hanno altre occasioni per eseguire il test negli ambienti che frequentano, come invece accade in molte realtà europee.

Un recente studio di ricercatori dell’Istituto Superiore di Sanità ha dimostrato che sarebbe economicamente conveniente sottoporre al test per l’epatite C tutti i soggetti italiani nati dal 1967 al 1987 entro il 2023 e poi sottoporre al test i nati tra il 1947 e 1967. Questa politica potrebbe essere attuata presso tutte le strutture sanitarie.

In Lombardia si stima che al 2014 erano seguite presso i centri ospedalieri della regione circa 40.000 persone con infezione da HCV. A marzo 2019 risultavano trattati, o in trattamento, più di 35.000 pazienti. Si può quindi ipotizzare che, entro il 2020, si riuscirà a trattare tutti quelli che risultavano in carico ai centri.

Rimangono da trattare i soggetti che i medici di medicina generale non hanno ancora inviato ai centri per il trattamento, i soggetti in carico ai SERT e detenuti nelle prigioni che non sono ancora stati trattati. Inoltre rimane da curare quella proporzione di persone con epatite C che non hanno mai fatto il test e non sanno di avere questa infezione. Secondo il prof. Pouti, una stima grossolana fa pensare che ci siano in Lombardia almeno 10.000 persone in questa condizione.

 

Il Patto Trasversale per la Scienza

ICAR ha ospitato anche la prima riunione del Patto Trasversale per la Scienza (PTS), associazione nata da un manifesto promosso dai professori Guido Silvestri e Roberto Burioni, firmato da centinaia di scienziati, politici e uomini di cultura.

L’associazione “Patto Trasversale per la Scienza”, apolitica, apartitica e senza finalità di lucro, ha l’obiettivo di promuovere e diffondere la scienza, il metodo scientifico e la cultura della scienza in Italia. L’associazione si rivolge in maniera trasversale a tutti gli attori sociali e politici (scuole, media, magistratura, politica, associazioni, istituzioni) per promuovere e proteggere la scienza e il metodo scientifico, per tutelare il diritto di ogni italiano di essere formato, informato, curato, assistito e governato nel rispetto della scienza e delle evidenze scientifiche.

È particolarmente significativo che il patto trasversale per la scienza abbia scelto di tenere, in questa occasione, la sua prima riunione. Così come molto ancora resta da fare per rimuovere la cappa di ignoranza, generatrice di stigma, che ancora grava su HIV/AIDS, ancora troppe false notizie, fino al dichiarato negazionismo sul ruolo di HIV nel causare la malattia, trovano libera diffusione. Falsità antiscientifiche che trovano matrice negli stessi ambienti che sostengono campagne contro le vaccinazioni. Le prime motivazioni sulla costituzione del Patto sono venute proprio dalla necessità di riaffermare la scienza contro queste forme di oscurantismo e di manipolazione.

Infine, a ICAR vi sono state tante iniziative anche per coinvolgere la società civile: test rapidi gratuiti in piazza per HIV e HCV; “RaccontART“, il contest artistico a cui hanno partecipato 300 studenti delle scuole superiori; gli “ICAR-CROI Awards“, assegnati ai migliori contributi dei giovani ricercatori italiani che hanno meritato di presentare i propri lavori al Congresso CROI di Seattle; la ICAR Run, una gara podistica non competitiva, con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della prevenzione. Decisamente innovativo il secondo classificato a “RaccontART”: un video con l’intervista all’HIV.

 

ICAR, Italian Conference on AIDS and Antiviral Research è organizzata sotto l’egida della SIMIT, Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali, e di tutte le maggiori società scientifiche di area infettivologica e virologica e del mondo della community. Alla presidenza del congresso vi sono i Antonella Castagna (Professore associato, Malattie Infettive, Università Vita-Salute San Raffaele), Antonella d’Arminio Monforte (Professore Ordinario di Malattie Infettive all’Università di Milano e Direttore Struttura Complessa di Malattie Infettive, ASST Santi Paolo e Carlo), Massimo Puoti (Direttore struttura complessa Reparto Malattie Infettive Ospedale Niguarda) e Giuliano Rizzardini (Responsabile Malattie Infettive, Ospedale Luigi Sacco – Polo Universitario di Milano).