In occasione del 32° Festival MIX Milano di cinema gaylesbico e queer culture abbiamo incontrato in esclusiva Trudie Styler, attrice, produttrice e per la prima volta regista di un lungometraggio con il film Freak Show, tratto dal romanzo di James St James. Dal 1992 è moglie di Sting ed è stata la madrina di battesimo di Rocco, il figlio di Madonna e Guy Ritchie. Anche se costantemente abbagliati dal brillante taglio Marquise grande quanto una mandorla che le adornava la mano, abbiamo mantenuto un contegno inglese per porle alcune domande.

Lei ha sempre diretto documentari. Cosa l’ha spinta a cimentarsi in un film, tra l’altro a tematica LGBT?
Io dovevo essere una delle co-produttrici di Freak Show, e per un anno avevo lavorato al progetto con il regista su come realizzarlo. Lui però ebbe una crisi personale e ci lasciò con niente in mano: non avevamo più soldi, perdemmo gli attori che lui aveva scelto e come conseguenza il sostegno economico dei finanziatori. Era andato tutto in pezzi. Capimmo che tutto il lavoro svolto fino ad allora sarebbe andato perso se entro settembre il film non fosse uscito nelle sale, ed eravamo a luglio! Allora suggerii di prendermi in considerazione per prendere il suo posto, perché sono una produttrice creativa e un’attrice, e tutti furono d’accordo. Sono molto contenta che sia successo, perché ho diretto il mio primo lungometraggio e mi sono divertita moltissimo.

Contattai subito Bette Midler che non faceva film da cinque anni. Amò la storia ma mi sorprese che accettasse, e quando mi chiese: “Quanti soldi hai?”, io risposi: “Almeno un milione di dollari adesso grazie a te!” Si mise a ridere e aggiunse: “Quanti te ne servono ancora?”, “Almeno un altro milione…” e lei chiuse il discorso augurandomi buona fortuna, confermando che se avessi trovato i fondi ci sarebbe stata.

La produzione ripartì e scegliemmo Laverne Cox, una fantastica attrice transgender, ma il pensiero che mi teneva sveglia la notte era dove trovare chi coprisse il ruolo del protagonista Billy, un ragazzo americano che secondo me ha una sensibilità anglosassone alla Oscar Wilde. Io vivo a New York, volai a Londra per fare i casting e alla fine trovai Alex J. Lawther, un Billy perfetto e il resto è storia.

Film come Freak Show o Love, Simon sono un vero giro di boa nella storia della cinematografia a tematica LGBT. Mostrano al grande pubblico che rispetto al passato si può essere giovani gay sereni, senza la paura che dopo aver fatto coming out la famiglia ti rigetti. Qual è il messaggio che lei voleva trasmettere?
Penso che innanzitutto il messaggio è che, man mano che cresciamo, tutti noi dobbiamo diventare più tolleranti e non meno tolleranti. Nel film l’intolleranza è raccontata dal personaggio di Lynette che prende di mira Billy tentando di distruggerlo. Lei impersona letteralmente la stupidità e la crudeltà dell’assoluta intolleranza conservatrice nei confronti della diversità. Quello che lei fa è profondamente inefficace e futile. Quello che lei dice quando si appella a un Dio di cui afferma parole di violenza, parole che in realtà non ha mai pronunciato in nessuna della Scritture, non ha alcun senso. Dio quando si manifesta usa solitamente parole di gentilezza e compassione. Noi dobbiamo permettere alle persone di essere differenti, perché siamo tutti differenti e vogliamo tutti la stessa cosa, essere felici.

Al contempo una serie televisiva come 13 Reasons Why denuncia il dramma del bullismo nelle scuole, che può portare al suicidio di un(’)adolescente.
Quando ho iniziato a lavorare sul film come una storia sul bullismo, qualcosa è risuonato in me a livello profondamente personale. Io stessa sono stata vittima di bullismo da bambina e da adolescente, perché il mio viso era segnato da cicatrici causate da un camion che mi aveva investito quando avevo solo due anni.

Anche i miei figli hanno sofferto come vittime di bullismo, in particolare mia figlia Eliot che ha parlato solo di recente di quanto sia stato difficile il periodo della scuola. Il bullismo accade sempre: nelle famiglie, a scuola, al lavoro e su internet. È un problema laico, e gli effetti sono più insidiosi che mai adesso con l’immediatezza e la portata dei social network.

Ciò su cui ci concentriamo in Freak Show sono le conseguenze reali e talvolta fisiche del bullismo a scuola. È un male estremamente diffuso e ordinario, troppo spesso ignorato e quindi condonato, che lascia le vittime sentirsi isolate e vulnerabili. Razzismo, sessismo, omofobia e xenofobia sembrano aver ricevuto nuova credibilità, sia negli Stati Uniti che in Europa, e di conseguenza il pregiudizio e l’odio per l’altro prospereranno soltanto.

Bette Midler e Laverne Cox appartengono a due generazioni diverse di attrici. La prima è un’autentica icona gay sin dagli anni ’70 e la seconda è oramai una figura di riferimento per la comunità transgender. È stata una scelta voluta?
Decisamente sì. Ho consciamente scelto apposta due donne militanti di generazioni molto differenti che rappresentassero anche come ci stiamo evolvendo nell’industria dello spettacolo. Le nuove generazioni sono molto più abituate all’idea di fluidità e non si porranno nemmeno più la domanda se un’attrice prima era un uomo. Dobbiamo però essere ancora pazienti e non tollerare la violenza nei confronti di un altro essere umano per genere, razza o credo.

Essere la moglie di una rockstar è stato di aiuto o ha creato delle barriere nella sua carriera professionale?
Onestamente credo che nessuna delle due opzioni sia valida nel mio caso. Io e Sting stiamo insieme da 32 anni, in sostanza abbiamo vite molto differenti e non ci siamo mai messi di traverso sulle nostre reciproche strade.

Io non sono una musicista ma amo la musica e sono diventata una produttrice per due case cinematografiche e ho realizzato venti film negli ultimi nove anni e sono ancora un’attrice. Lui è sempre stato incredibilmente di sostegno alle mie attività ed è stato molto orgoglioso che io abbia preso le redini del film, rimesso in piedi in un mese e girato in soli 22 giorni. Mi ha detto che non sarebbe mai stato in grado di farlo, e io gli ho risposto che non saprei suonare il basso elettrico in un concerto ad Atene davanti a 30.000 persone!

Un’ultima domanda molto camp. Ha ancora l’abito da sposa che Gianni Versace disegnò apposta per lei?
Certo, lo conserverò sempre! Al matrimonio avevo Sting alla mia destra e Gianni alla mia sinistra. È bizzarro per me essere a Milano perché, proprio sempre, se io ero qui cenavo con lui. Era una persona molto tranquilla e con Donatella, quando i suoi bambini stavano ancora crescendo, faceva queste bellissime tavolate. Era un uomo così elegante e bello, un uomo che amava la vita di famiglia e mi manca tremendamente.

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