ph. Kamil Szkopik

La campagna pubblicitaria animalista di PETA “I’d Rather Go Naked Than Wear Fur”, andrei in giro nuda piuttosto che indossare la pelliccia, promossa da una lista stellare di celebrità, l’ha inventata lui e non solo quella. Abbiamo intervistato, alla nostra maniera, uno degli uomini gay più influenti degli Stati Uniti. 

 

Ero entrato in contatto con PETA – People for the Ethical Treatment of Animals (persone per il trattamento etico degli animali) qualche anno fa, quando chiesi l’autorizzazione a pubblicare una selezione di immagini della loro campagna “Ink not Mink”, letteralmente “inchiostro non visone”, per un portfolio sulla rivista cartacea, attratti dalle immagini, per noi omoerotiche, di uomini famosi che, abbastanza svestiti, sfoggiano i loro corpi e i loro tatuaggi in pose ammiccanti.

Allora non sapevo, né ci fu detto, che Dan Mathews, il vicepresidente senior e la mente dietro alcune delle campagne promozionali più scioccanti o più famose dell’organizzazione no-profit che da trent’anni lotta per i diritti animali, è gay dichiarato e impegnato anche nelle cause LGBT. Nel 2012, infatti, fu classificato al 37° posto nella lista dei 50 uomini e donne gay più potenti in America dalla rivista OUT.

Se ci permettete dei giochi di parole, Mathews non ha peli sulla lingua e nemmeno sullo stomaco, e non solo perché è vegano, ma perché non si pone il benché minimo problema a dire quello che pensa, a raccontare tutto ciò che ha fatto nella vita, e per le azioni di protesta veramente eclatanti e, a volte, meravigliosamente camp.

Per esempio ha lanciato una torta contro Anna Wintour, la mitica direttrice di Vogue che adora indossare le pellicce, mentre a Milano, vestito da sacerdote, riuscì a infiltrarsi a una sfilata di Gianfranco Ferré, interrompendo la passerella nel mezzo dello show brandendo un cartello con scritto il quinto comandamento “Non uccidere” sopra il disegno di un segnale di divieto con la linea diagonale che attraversa la scritta “fur”.

Se siete interessati a maggiori dettagli e anche a capire come sia riuscito a portare PETA da circa 60.000 iscritti agli attuali più di 6,5 milioni in tutto il mondo, vi suggeriamo di leggere il suo libro di memorie Committed. Autobiografia di un guastafeste (ed. Arcana), dove racconta anche che quando visse a Roma lavorando come modello (comparendo anche in uno spot per la FIAT Panda) gli capitava di arrotondare le entrate prostituendosi con uomini che lo rimorchiavano in via Veneto.

Prima di diventare un gran bel fusto Mathews era stato un ragazzino “grasso, gay, punk”, oggetto di bullismo omofobico da parte dei suoi compagni di classe, e il suo rapporto con gli animali cambiò radicalmente a causa di questo. Durante una battuta di pesca con suo padre e dei suoi amici, prese all’amo una platessa che essendo stata considerata una “magra cattura” fu gettata a terra ancora viva.

Mentre tutti intorno a lui calpestavano il pesce ansimante per l’aria, lui si immedesimò nell’animale maltrattato, solo che adesso il bullo era lui e colpevole, inoltre, di averlo strappato dal suo mondo e di avergli inflitto questa tortura. Quel giorno smise di mangiare pesce e divenne vegetariano subito dopo e, infine, vegano ovvero, in descrizione sintetica, seguace di una dieta alimentare che non prevede alcun tipo di prodotto di derivazione o di produzione animale, quindi nemmeno il miele per intendersi.

Abbiamo avuto la possibilità di inoltrare per e-mail delle domande a Mathews, in quanto non siamo riusciti a incontrarlo di persona per un’intervista durante il suo ultimo passaggio a Milano, a causa di un cambio di programma nella sua fitta agenda di appuntamenti.

Non è facile evitare di ripetere quesiti di cui già si trovano, spesso a dismisura, le stesse risposte in altri articoli reperibili in rete e in varie lingue. Abbiamo quindi pensato di spostare il punto focale sfruttando alcuni temi affrontati dal libro Manifesto Queer Vegan di Rasmus R. Simonsen, attivista animalista e autore di saggi sul veganismo e sulla liberazione animale.

Il veganismo si oppone sia alle caratteristiche fondamentali del modo in cui mangiamo che a come agiamo nei confronti degli animali. È “queer” nel senso che destabilizza o sfida le convenzioni alimentari e l’idea di sfruttamento stabilite da tempo, e questo lo ha fatto anche la comunità LGBT contro la condizione di dominio eterosessista non trovi?

Sono laureato in storia e ho studiato a Roma, quindi ho sempre avuto un’ammirazione per personaggi storici che erano contrary all’atto di mangiare gli animali, come Pitagora, Leonardo Da Vinci, Charles Darwin e molti altri. Da giovane ero un punk-rocker gay, quindi non mi sono mai sentito legato alle norme. Storicamente, le persone che attivano il cambiamento nella societá sono dei pionieri che stabiliscono una nuova normalitá. Spero di essere incluso anch’io in quella categoria. C’è un parallelo tra chi combatte per i diritti degli animali e chi difende i diritti dei gay – entrambi i gruppi cercano di aggiornare le vedute e le abitudini arretrate, il che ci dona un bel senso di cameratismo. La PETA partecipa agli eventi di gay pride, e le masse sono sempre molto entusiaste.

Ultimamente tra le identità di genere emerge la categoria “non binaria”, come superamento delle varie differenze imposte tra uomo e donna. Pensi che si possa creare un parallelismo con l’idea di “antispecismo”, cioè umani e animali hanno pari diritti perché esseri viventi sullo stesso pianeta?
Penso che hai ragione ma odio le categorie e penso che ne abbiamo troppe, soprattutto visto che le persone cambiano così tanto. Io vedo gli umani e gli animali come individui, non categorie. Ovviamente sia esseri umani che animali si meritano dei diritti, ma sono le nostre caratteristiche individuali che che ci definiscono più che il nostro genere o sessualitá o se abbiamo pelliccia o piume. Io sono antispecista e sono anti-categorie.

Ci sono studi seri di etologia che dimostrano la naturalità della presenza di comportamenti omosessuali in molte specie animali, ma anche questo sembra essere un argomento che è censurato. Secondo te come mai?
Questo era un tema tabù ma le cose sono cambiate. Sei anni fa abbiamo imparatao che i comportamenti degli animali gay è stato ignorato nei famosi documentari di Sir David Attenborough sugli animali selvatici, visto che era un tema tabù quando sono usciti per la prima voltta in TV negli anni ’60 e ’70. Ma adesso, gli animali gay – di recente, dei pinguini – si vedono sulle notizie internazionali molto spesso.