Una divertente commedia francese incentrata sulle peripezie di una squadra gay amatoriale di pallanuoto che all’improvviso si ritrova come allenatore un campione omofobo che deve rifarsi l’immagine per poter restare nella squadra nazionale. Dopo inevitabili scontri, riusciranno a convivere e a conquistare le finali ai Gay Games? Ce lo facciamo raccontare dagli sceneggiatori e registi Cédric Le Gallo e Maxime Govare.

 

Sono stati mesi che hanno messo alla prova tutti noi, impegnati a tutelare la nostra salute dal nemico subdolo e invisibile chiamato Covid-19, privati per giusta causa di cinema e teatro, potendo solo contare sull’informazione e sull’intrattenimento garantiti dalla TV e dalle risorse offerte dalla tecnologia.

Se quanto ci aspetta nel prossimo futuro è tuttora oscuro, il presente ci parla di quotidiani atti di violenza omofoba, alimentati dall’odio montante che alcuni politici stanno fomentando per meri fini elettorali. Ben venga dunque alla riapertura delle sale e delle arene estive una commedia all’insegna della spensieratezza ma attenta a veicolare un’immagine positiva dell’omosessualità e a mostrare quanto siano infondati pregiudizi razzisti e assurde discriminazioni.

 

Gamberetti per tutti (in originale Les Crevettes Pailettées, gamberetti in paillettes) è un film francese diretto a quattro mani da una “strana” giovane coppia, il gay Cédric Le Gallo e l’etero Maxime Giovare. Se quest’ultimo aveva già all’attivo due film ben accolti, per Cédric, trascorsi da giornalista, è stato, dopo alcuni documentari e un corto, il battesimo nel lungometraggio, e proprio la sua vicenda personale ha ispirato la sceneggiatura.

“Non ho problemi a dire che l’idea è venuta a lui – dice Giovare – questa è la sua storia e quella della sua squadra.” Le Gallo è infatti un pallanuotista che da sette anni sta girando il mondo con una compagine amatoriale con cui ha anche partecipato agli ultimi Gay Games.

“Non avevo amicizie gay e un giorno un’amica mi ha fatto conoscere questa squadra di pallanuoto composta esclusivamente da omosessuali, convincendomi a unirmi a loro. Sin dal primo incontro ho trovato un’atmosfera piacevole, siamo diventati amici e mi sono ritrovato a partecipare a tutti i tornei. Ora ho la consapevolezza di aver vissuto un’avventura unica che ha cambiato la mia vita e mi ha dato la voglia di rivendicare i valori che ci hanno guidato: la libertà, il diritto alla differenza e all’eccesso e, soprattutto, il trionfo della leggerezza sulla pesantezza dell’esistenza. Ci chiamiamo ‘gamberetti in paillettes’: i crostacei per sottolineare l’aspetto acquatico e le pailettes per evocare quello festaiolo, ma dietro il nome ci sono persone vere.”

 

Chi sono queste persone che sono poi diventate i personaggi (alcuni però di fantasia) del film? C’è il bel tenebroso Jean (Alban Lenoir), affermato ristoratore, che al suo affascinante ex partner Alex (David Baiot) nasconde un gravoso segreto; sposato e padre di due figli è invece il manager Cédric (Michael Abiteboul) che, pur di non rinunciare a gare e allenamenti, mente al marito millantando di esser occupato in trasferte di lavoro. Joel (Roland Menou) è un maturo militante assai intransigente e talvolta incapace di condividere dinamiche e atteggiamenti tipicamente queer, sentendosi non più desiderato dagli uomini a causa dell’età; all’opposto il giovanissimo Vincent sta muovendo i primi passi nell’esplorazione della sua identità: inevitabile preda dell’infatuazione a prima vista, scoprirà a sue spese che sesso e amore non sempre s’accompagnano. Damien (Romain Lancry) è stato estromesso dalla famiglia che non accetta la sua omosessualità e non può mancare il più sfrenato del gruppo, Xavier (Geoffrey Couet), per il quale sesso e party sono il sale della vita. Infine c’è Fred (Romain Brau), seduttiva trans aspirante coreografa che patisce discriminazioni anche all’interno della squadra. Ciò che più li unisce è il senso dello spettacolo, il desiderio di mettersi in scena al di là del talento sportivo.

 

I Gamberetti anelano a partecipare ai Gay Games che sono in programma in Croazia, e poco prima di partire accade qualcosa di totalmente imprevedibile. Il machissimo campione di nuoto Matthias LeGoff (Nicolas Gob, assai somigliante all’ex guardia del corpo del presidente Macron…) durante un’intervista si lascia scappare un insulto omofobo a spese del giornalista. Per punizione e per non rischiare di essere estromesso dai campionati europei viene mandato dalla Federazione ad allenare la squadra che lui, forte dei suoi pregiudizi, vede come un’entità aliena.

Questo incarico viene accolto, per molti versi con ragione, nel modo peggiore: Matthias è rifiutato all’unanimità e sta per esser messo alla porta, solo la mediazione di Jean convince i compagni ad accettarlo. Inizia così il viaggio della comitiva verso la Croazia su uno scalcinato bus turistico a due piani che non può non far ricordare quello di Priscilla la regina del deserto e dei suoi indimenticabili performers.

 

Inevitabili sono le reciproche incomprensioni: per Matthias è inconcepibile passare la notte in discoteca (con le relative tentazioni) alla vigilia di una partita, come assurdo è dedicare tempo a preparare la coreografia per la parata d’apertura dei giochi sotto l’egida dell’inflessibile Fred anziché passare la giornata in acqua. Per i pallanuotisti d’altro canto suonano troppo rigide le regole e i sacrifici che disciplinano il mondo dello sport, deciso a voler superare i propri limiti.

Nonostante i molti attriti, per Matthias questa esperienza di coach si rivelerà una lezione esistenziale. Motivato dalla figlioletta che ha un debole per i Gamberetti, metterà in discussione le sue certezze e si troverà a riconsiderare le priorità della vita, rendendosi conto che ben più importanti delle preferenze sessuali sono i valori del rispetto per le differenze e quelli della sfera morale ed etica.

Lungi da noi spoilerare quello che accade nelle combattute gare e chi ne risulterà vincitore, possiamo solo rivelare che ci sarà un improvviso lutto all’interno della squadra ma anche in questa circostanza allo spettatore arriva il messaggio che nel profondo si può esser straziati dal dolore pur sorridendo e magari… ballando in una trascinante coreografia all’interno di una chiesa.

 

Facendosi perdonare qualche ingenuità e qualche concessione al facile effetto, il film di Le Gallo e Govare è davvero godibilissimo e destinato a un pubblico decisamente trasversale. Le avventure nel viaggio in bus verso l’est Europa, la rivalità sportiva tra gay e lesbiche, la parata (ripresa dal vivo a Parigi dove in realtà si sono svolti i Giochi e a cui, oltre alla vera squadra, ha partecipato anche l’intero cast) miscelano umorismo, capacità di autocritica e spirito di comunità, tanto auspicabile di questi tempi.

“Anziché mettere l’accento sulla vittoria o sulla sconfitta – asserisce Maxime – la storia intende puntare su ciò che lo sport dovrebbe o potrebbe essere: un’esperienza collettiva che mira a includere gli altri, in cui si condivide qualcosa di vero e dove l’avventura è molto più interessante dell’obiettivo finale e il divertimento è più importante del risultato.”