In un paese del nostro meridione dimenticato dal progresso e dalla civiltà, quattro esistenze cercano un nuovo approdo che le allontani dalla disperazione in cui galleggiano. Sacro e profano fanno da cornice ad atti di violenza contro cui la speranza è destinata a infrangersi.

 

A Dragona, un piccolo paese immaginario del nostro Sud, l’appuntamento annuale più importante avviene il 15 agosto, quando la statua della Madonna è issata su una serie di tubi incrociati tenuti insieme da delle fascette di plastica. Poi è così posta su una barca a remi per farle attraversare il mare per alcuni metri, e visto da lontano sembrerà che la Vergine galleggi miracolosamente sopra l’acqua diventando disposta ad accogliere ed esaudire le preghiere più recondite dei fedeli.

In un non luogo dove nulla di nuovo sembra mai accadere, perché i giorni e la vita sociale si sono in apparenza ostruiti per il calcare delle tradizioni e del non detto (oltre alla festa dell’Ascensione l’unico altro riferimento temporale è un poster della boys band americana NSYNC), l’autore ci presenta le vite e i sentimenti intimi di alcuni personaggi le cui speranze possono solo rimanere tali. Non hanno strumenti o categorie mentali, infatti, per capire come fare a uscire dalle loro condizioni e questo comporta non avere vie di scampo. Le loro esistenze sono una prigione senza muri e la condanna del destino per chi tenta la fuga da lì è inesorabile.

Maregrigio di Vincenzo Restivo (ed. Milena Edizioni) rientra nella categoria della drammaturgia LGBT del nostro meridione che come con L. R. Carrino, autore della nota nella quarta di copertina, non ha paura di narrare anche di malavita e tematiche arcobaleno. Due universi che nell’immaginario collettivo se uniti devono restare improbabili, mentre la realtà è sempre più feconda della fantasia e la letteratura ha il potere di aprire finestre per farcela vedere profondamente.

 

La storia, scandita in brevi capitoli ognuno con un suo titolo come fossero atti unici tenuti insieme da un filo sottotraccia, inizia con Ezio Cantone che ha sedici anni, è omosessuale e le voci del paese su di lui hanno iniziato a spargersi. Per questo il padre lo porta a svezzarsi sessualmente a casa di Teresa, una procace ragazzina abusata dal padre che la obbliga a prostituirsi nel silenzio assenso di tutti.

Teresa però vorrebbe essere un ragazzo, sono i suoi desideri e i suoi pensieri che lasciano intuire che presenta una disforia di genere, una definizione che a Dragona verosimilmente non arriverà mai. Per questo lei è intrappolata in un corpo che non riconosce come suo, nell’incomprensione di se stessa e nella violenza dell’ambiente in cui risiede.

Gli altri tre protagonisti sono legati a Ezio e sono sua madre Marisa, una donna che trova evasione in una relazione adultera con Pasquale, adolescente amico dei suoi tre figli, e i suoi fratelli in fuga dalla realtà Stefano e Diego che avranno la sfortuna di trovarsi al posto sbagliato nel momento sbagliato, e per questo saranno vittime sacrificali della malavita locale che non può permettersi di averli testimoni di un suo crimine.

Non sveliamo le varie azioni per non togliere il piacere della lettura, ma diciamo che il colore grigio vuole suggerire un ambiente sporco e degradato, un orizzonte fisso in cui le leggi del patriarcato tossico sono in apparenza indistruttibili o difficilmente plasmabili. I buchi nella rete però permettono di agire se si trova sufficiente coraggio, come chiedere di giocare a calcio se si è una femmina o una sigaretta al ragazzo più grande di te per cui hai una cotta senza capire cosa questo comporta.

La scrittura di Restivo è agile e coinvolge fino all’ultima pagina ma se l’intenzione era di fare anche attivismo LGBT o di presentare una denuncia sociale, a mio parere non risulta abbastanza incisivo perché resta attaccato alla superficie di uno sguardo sulle cose e di uno stile documentaristici. Gli abbiamo fatto alcune domande.

In tuo racconto sembra suggerire che, malgrado siano passati 50 anni, le esperienze e le conquiste della comunità LGBT non riescano a raggiungere le periferie della nostra nazione. Ezio e soprattutto Teresa non hanno idea di cosa sia l’orientamento sessuale e l’identità di genere. La tua è stata una scelta narrativa voluta?

Affronto vite alla deriva, personaggi con bassa istruzione e bassa scolarizzazione, immersi in una realtà ovattata, aliena a tutto ciò che riguarda le innovazioni sociali. Ciò si evince attraverso la claudicanza delle architetture, gli elementi quasi atemporali che comunque non rimandano a un tempo attuale. Un ragazzo trans FtM che non sa che possa esistere possibilità di cambiamento, appunto perché nella realtà dove è cresciuto questa alternativa non è contemplata, rischia di incancrenire. E lo scopo era proprio questo: riportare un universo ancora non intaccato dal progresso sociale (e c’è da dire che ci sono realtà che ancora perseguono certe occlusioni). Ed è senza dubbio una scelta, se così non fosse stata sarebbero davvero cadute tutte le mie convinzioni sulla validità delle lotte LGBT. Sono stato delegato alla cultura di Arcigay Caserta per parecchio tempo. Abbiamo percorso molta strada ma ne rimane ancora da fare. 

Nel primo risvolto di copertina c’è il “patrocinio morale” al tuo libro da parte di tre circoli Arcigay (Caserta, Napoli e Campania) e di Ireos di Firenze. Come vedi l’attivismo LGBT oggi e che direzione starebbe prendendo?

Come dicevo, credo che la strada intrapresa dalle associazioni LGBT sia quella giusta ma lo è dai moti di Stonewall. Sono sempre stato prono verso l’insurrezionalismo per perseguire il cambiamento. Sul personaggio di Ezio ho in parte proiettato le stesse difficoltà che io provai alla sua stessa età negli anni ’90, decennio che ho voluto ricordare con il poster degli NSYNC. Adesso vedo come la generazione dopo la mia, anche al Sud, ha più facilità a scoprire il proprio orientamento, la propria sessualità e il proprio corpo. Il lavoro sul campo dell’associazionismo resta molto utile, soprattutto in regioni o aree lontane dai grandi centri di aggregazione LGBT. 

Per alludere al titolo, la cultura LGBT in Italia a me non sembra navigare in ottime acque oppure resta sottotraccia rispetto alla cultura predominante. Secondo te sta mancando la qualità o una quantità sufficiente che crei una massa critica necessaria a farla emergere?

Io sono appassionato di letteratura gay che seguo e leggo molto, e credo che una produzione di cultura LGBT di qualità in Italia esista anche adesso. Per esperienza diretta ogni volta che mi è capitato di organizzare degli eventi, per esempio a Caserta, o anche di partecipare a fiere del libro ho trovato un pubblico attento e partecipe. Molte persone fanno molte cose in realtà ma una maggiore rete e un migliore scambio di buone pratiche di certo non guasterebbero.