Dalle pagine di Rat-Man arriva Cinzia, la transessuale platinata protagonista assoluta e irresistibile del nuovo romanzo a fumetti di Leo Ortolani.

 

Questa cosa che “definirsi gay è limitarsi” e che “i fumetti LGBT non servono al giorno d’oggi, io faccio storie senza etichette” è un po’ sfuggita di mano. Così tanto che, ancora una volta, un autore eterosessuale ha sfornato nel 2018 un’opera che bagna il naso a moltissimi autori e autrici italiani LGBT: Cinzia.

Era successo negli anni Novanta con Luca Enoch e la sua Sprayliz, scanzonata e irriverente scorribanda nelle culture giovanili e nella sessualità gaylesbica di quel periodo. Succede di nuovo oggi con Leo Ortolani, eterissimo e straordinario creatore di uno dei pilastri del fumetto italiano, quel Rat-Man che ci allieta con grasse risate e complessi intrecci da soap opera supereroica e metafumettistica fin dal suo esordio nel 1989.

In realtà l’avventura del Ratto si è conclusa ufficialmente nelle edicole nel settembre del 2017 e da allora il suo autore non ha mandato in pensione i suoi personaggi, dedicando loro alcuni volumi autoconclusivi da libreria. Cinzia è, inaspettatamente, la punta di diamante.

Nata come personaggio marginale buono solo per una gag triviale fin dal primo numero – il postino che recapita a Rat-Man una copia di Topolino e poi si scopre essere “Cinzia, la lucciola delle Quinta Strada!”– nel corso della saga cresce di spessore tra i comprimari della serie, sfumando sempre più il tormentone sulla sua abbondante dotazione nella psicologia complessa di una prostituta trans innamorata non corrisposta dell’eroe, indomita e mai rassegnata a perdere il proprio uomo, che tra l’altro ha anche salvato in diverse occasioni: memorabili le sue performance in “Cinzia la barbara”, “La gladiatora”, “Ratolik” e “Il Grande Magazzi”, solo alcune delle deviazioni dalla saga principale dove i personaggi di Rat-Man rivisitano e parodiano serie TV, fumetti, film e romanzi, conservando però le loro iconiche caratteristiche essenziali.

Cinzia non appartiene a quel filone. È piuttosto uno spericolato esperimento di narrazione autosufficiente rispetto alla continuity di Rat-Man, dove Ortolani svela retroscena famigliari, amicali e lavorativi della nostra transessuale platinata preferita.

È come se Ortolani dicesse al suo pubblico: “Ok, fin qui abbiamo giocato con lei, ora vi mostro com’è realmente”. Poi, mica è vero che l’autore non scherzi sui leit motiv abituali, forse gli aspetti più superficiali per i quali i lettori seguono Ortolani da tanti anni. Chi legge Rat-Man vuole ridere, e si ride tantissimo, anche sguaiatamente pure in Cinzia.

Però è una risata più amara del solito, che nasce dall’insopprimibile bisogno della “panterona leopardata” di essere accettata per quel che è, anzi per quel che SENTE di essere, al di là dell’apparenza. Che è poi, come ben sappiamo, LA questione più problematica che deve affrontare ciascuna delle persone transessuali che intraprendono il percorso di riassegnazione del genere in quello elettivo.

Nella saga di Rat-Man i travagli che affliggono le donne trans MtF non erano mai stati affrontati prima di adesso in maniera approfondita e financo drammatica, al netto delle semplificazioni necessarie a una serie umoristica per strappare la risata a fine pagina. Da narratore di razza qual è, Ortolani ha deciso invece che stavolta fosse il caso di parlarne con cognizione di causa.

Devo ammettere che, a parte un po’ di confusione sui concetti di identità di genere e orientamento sessuale, utilizzati ogni tanto in modo intercambiabile, sono rimasto colpito da quanto e bene abbia studiato Ortolani il mondo arcobaleno prima di scrivere questo romanzo a fumetti, che sembra uscire dalla penna di un autore LGBT scafato e oserei dire militante.

C’è l’ironia bonaria verso le degenerazioni queer sull’aggiunta di lettere (e categorie) all’acronimo LGBT, che qui acquista un simpatico “SW” (non rovino la battuta). C’è la tendenza alla frammentazione e alla litigiosità dell’associazionismo rainbow. C’è la piaga della burocrazia che infierisce sulle persone in transizione con effetti grotteschi. Ci sono le teorie riparative, irrise con ferocia.

C’è persino la polemica abbastanza recente che vede opposte alcune lesbiche femministe radicali, le cosiddette TERF (Trans-exclusionary radical feminism), alle trans MtF su chi o cosa sia “davvero” una donna. E ci sono alcuni siparietti molto camp che mettono in musical alcuni passaggi della vicenda.

Poi a un certo punto il fumetto prende una piega da commedia brillante. Aiutata dalla sboccata amica Tamara – la quale sbarca il lunario esibendosi come camgirl, altro arguto aggiornamento sul mestiere di prostituta rispetto agli indistinti esordi fumettistici – Cinzia cerca di far colpo sul bietolone del quale è innamorata, Thomas, e per carpire i suoi gusti si spaccia per il fratello gemello Paul, con un doloroso e geniale ribaltamento di ruoli che ricorda certe perle hollywoodiane come Victor Victoria e Tootsie; dico doloroso perché Paul è proprio il nome anagrafico di Cinzia, l’identità che lei vorrebbe a tutti i costi lasciarsi alle spalle e che invece la macchina infernale della medicalizzazione trans fa di tutto per sbatterle in faccia tutti i giorni.

Il finale è anche un colpo di scena coraggioso ancorché inevitabile, che aggiunge ulteriore valore a questo meraviglioso, spassoso e commovente libro a fumetti.

Che dire? Saranno i venti euro meglio spesi da molti anni a questa parte.