Una voce “fuori dal coro” mette ordine nel nostro vocabolario e nel nostro mondo, perché è arrivato il momento di smantellare il pensiero comune su ciò che uomini e donne “devono fare” come normale e naturale.

 

Di “genere” un tempo si parlava solo nei libri di grammatica per distinguere i nomi e gli aggettivi tra maschile, femminile e neutro (come in latino o in tedesco), e il sesso si faceva ma di “sesso” non si parlava. Adesso si può ben dire che su questi termini il significato che gli è attribuito e il loro uso (e abuso) regna la confusione totale.

In determinati ambiti e dibattiti la parola genere, infatti, qualifica anche i ruoli sociali dei due sessi: cosa fanno e come agiscono gli uomini e le donne in famiglia, nel mondo del lavoro, come persone che consumano beni e servizi ecc. Usando questo punto focale, se biologicamente maschi e femmine oggettivamente siamo diversi sotto l’aspetto sociologico siamo anche storicamente disuguali.

“Tali diversità e disuguaglianze sono normalmente concepite e propagate in tutte le società come un dato di natura: gli uomini sono così, le donne sono diverse, e generalmente il tuo sesso determina il tuo modo di stare al mondo, perché determina i compiti che ti sono assegnati, il tuo lavoro, il tuo ruolo nella famiglia, il tutto ritenuto normale e naturale. Il genere in senso sociale è qualcosa che diventa evidente solo quando questi ruoli sono contestati, come hanno fatto le femministe in ogni epoca, esprimendo disaccordo su regole e limitazioni penalizzanti per le donne (dopotutto viviamo nel patriarcato…).”.

Il passaggio virgolettato sono parole di Daniela Danna, ricercatrice in Sociologia di cui potete leggere vari articoli sul sito di Pridemagazine,it, che ha pubblicato a febbraio per Asterios edizioni Sesso e genere, volume 11 della collana Volantini Militanti, in cui analizza e scompone lo specchio deformante che si è venuto storicamente a formare intorno a questi concetti nel dibattito filosofico e politico e le conseguenze che ne sono derivate nelle nostre vite di tutti i giorni.

All’interno dell’intero testo mi ha particolarmente colpita questa frase dall’inflessione distopica eppure familiare. “Questo è ‘affermare il genere’: modificare il sesso come ‘terapia’ per chi non riesce ad adempiere al proprio ruolo di genere.”

Con queste parole a mio avviso l’autrice espone in tutto il suo potenziale retrivo un pensiero spacciato come liberatorio e progressista. Parliamo di quel pensiero che in Italia prende piede negli anni ’90, e di cui io e i miei coetanei ventenni non riusciamo a fare a meno. Quel pensiero che tende ad appiattire sesso e ruolo di genere su un unico concetto di “genere” socialmente costruito, performativo e al tempo stesso estremamente disponibile a volontà individualizzate.

Al contrario del confuso bagno di sangue che lo scontro tra un pensiero transfemminista e quello di un femminismo “della vecchia guardia” potrebbe far supporre, Sesso e genere in poco più di 40 pagine conduce una riflessione preziosa per chiunque bazzichi le attuali questioni LGBT e femministe. Se questo libello può essere utile a chiunque, credo però sia necessario alle cosiddette millennials.

La mia generazione (Y e Z per intenderci) vive spesso i recenti orizzonti concettuali legati al genere con la naturalezza acritica riservata ai dogmi. In questo caso sono dogmi colorati come orsetti di gomma, veloci da ottenere e intrisi di coraggiose promesse di autodeterminazione e libertà che non ci fanno capire più niente.

Il libro di Daniela Danna, invece, ci restituisce degli strumenti essenziali per mettere in discussione l’attualità nel momento in cui ripercorre storicamente il significato delle parole e le gerarchie di potere con precisione e chiarezza a prova di “gianpeople” (persone cisgender eterosessuali, N.d.R.).

Riordinando le parole e i loro significati, pagina dopo pagina si districa la matassa di nozioni che nelle più diffuse letture queer è costantemente proposta ingarbugliata, e si fanno spazio degli interrogativi non più eludibili sollevati da questioni pratiche di vita quotidiana e sessualità.

La brevità del libro non riesce certo a esaurire le argomentazioni che propone, ma di sicuro gli consente di farsi un agile strumento critico a un prezzo accessibile alla mente e alle tasche di tutte e tutti.

Insomma Sesso e genere è un libro tanto scomodo quanto utile, che ci invita a non riposare sulle favolose aspettative rivoluzionarie riposte di determinate istanze, poiché potrebbero invero rivelarsi panorami oppressivi.