Inclusione ed esclusione sono temi irrisolti anche all’interno della comunità LGBT, dove spesso e volentieri evitiamo di incontrare o di conoscere persone solo perché non corrispondono a fattori estetici o sociali che ci piacciono. Si può definire il confine tra scelta personale e discriminazione?
Queste riflessioni nascono da un articolo che non sono riuscito a far completare di scrivere da un collaboratore, perché non trovammo un accordo su cosa analizzare dopo la descrizione di un episodio realmente avvenuto.
Antefatto: il 29 ottobre 2018 a Londra Jason Smith, il nome è fittizio, un uomo transgender FtM (female to male) di 26 anni che si identifica come bisessuale e che non ha modificato gli organi genitali femminili eseguendo l’intervento di falloplastica, era andato alla Sailors Sauna con un amico. Prima di farlo però ha verificato sul sito web che non ci fossero indicazioni specifiche riguardanti politiche nei confronti delle persone transgender o che non fossero considerate benvenute, malgrado fosse già stato rassicurato in merito anche dall’amico che la frequentava.
Tutto è andato bene fino a quando Jason mentre si trovava nella vasca dell’idromassaggio è stato avvicinato da un dipendente che gli ha comunicato: che un cliente si era lamentato perché “c’era una donna nella sauna”; che la licenza del locale permetteva di accettare come clienti solo gli uomini; che la sauna era uno spazio maschile. Per evitare ingenuità è opportuno far notare che gli uomini gay in sauna tendenzialmente non ci vanno tanto per fare il bagno turco ma soprattutto per fare “cose turche”…
All’obiezione di Jason di avere presentato il passaporto con segnata l’identità maschile, l’addetto ha chiarito che per uomini intendeva persone con genitali maschili. Alla domanda di Jason se allora avrebbe accettato una donna transgender MtF (da uomo a donna) non operata ai genitali, l’addetto ha risposto che in quel caso l’avrebbe ammessa.
Accompagnato alla porta e ricevuto il rimborso del biglietto, Jason ha raccontato la sua umiliante avventura sui social media, lamentando l’assenza, sul sito della sauna di indicazioni relative all’esclusione degli uomini trans, e sottolineando che l’Equality Act inglese del 2010 non impone più alle persone trans la riconversione genitale (e fornitori di beni, servizi e strutture non possono discriminare sulla base dell’identità di genere).
Ne è nato un acceso dibattito in rete, grazie al quale la proprietà si è informata appurando che la loro licenza permette l’accesso agli uomini trans e si è scusata dicendo che, avvertiti della presenza di “una donna” nel locale erano stati presi di contropiede. Gli uomini trans sono adesso i benvenuti alla sauna Sailors dietro esibizione di un GRC (Gender Recognition Certificate), ossia il certificato di riconoscimento del cambio di genere, o di un documento che ne attesti il genere maschile.
Quando cerchiamo online o in un locale un’altra persona (o anche più di una) per fare sesso, in effetti è il nostro desiderio che “discrimina” ossia distingue e separa chi ci attira e chi no. Le nostre preferenze però sono solo “preferenze” o bisogna saper mettere in discussione la nostra libido?
Sembrano domande futili ma non lo sono nel momento in cui il rischio, per non dire la realtà di tutti i giorni, è quella di costruire barriere (non troppo invisibili) all’interno della stessa comunità LGBT. Recinzioni apparentemente innocue di parole che discriminano nel senso dato come seconda definizione dal vocabolario Treccani di “adottare in singoli casi o verso singole persone o gruppi di persone un comportamento diverso da quello stabilito per la generalità, o che comunque rivela una disparità di giudizio e di trattamento.”
Arkee E., blogger e attivista statunitense, inizia il suo articolo dal titolo The Problem With Preferences (Il problema con le preferenze), tradotto in italiano dal sito Il grande colibrì – Essere LGBT nel mondo con il titolo “Perché le ‘preferenze’ sessuali possono essere un problema”, affermando che quando le persone sono sfidate a giustificare la propria superficialità si attaccano alla parola “preferenza”. Nella maggior parte dei casi il termine è usato fuori contesto, in quanto utilizzato per legittimare e perpetuare un comportamento nocivo.
Quante volte ognuno di noi, e immagino ognuna, nei profili delle app e dei siti d’incontro ci siamo imbattuti in una lista di “no qualcosa”: no grassi, no vecchi, no effeminati, no maggiori di una certa età ecc. Nelle società realmente multietniche aggiungete nel menù anche “no asiatici” o “no black” (no afroamericani), e provate adesso a immedesimarvi nel sentimento d’inferiorità delle minoranze all’interno della comunità gay, e di chi desidera ardentemente l’accettazione (e la facilità di trovare sesso) dei maschi gay bianchi soprattutto se “boni”. Infine pensate a gruppi come “trans”, “disabili”, “persone sieropositive”, che non hanno nemmeno diritto a un “no” davanti perché semplicemente non sono considerate, e se ne restano nascoste per la paura e l’umiliazione del rifiuto a oltranza.
Personalmente sono un maschio gay a cui piacciono gli orsi e meglio se alti di statura, quindi non sono attratto eroticamente dagli uomini magri tanto più se scheletrici o piccoli mentre il pelo può essere un valore aggiunto ma non è una condizione necessaria. Non posso quindi permettermi di esaminare da solo com’è vissuto il desiderio dalle donne lesbiche, dalle persone transessuali FtM o MtF, dalle persone bisessuali, dalle persone asessuali (se dimentico uno o più categorie me ne scuso). Ma anche com’è vissuto il desiderio dagli altri maschi gay, delle cui abitudini erotiche pur conosco assai bene quasi tutte le sfaccettature. Posso però accettare la sfida di pensarci sopra e rilanciarla.
Grindr, che probabilmente è il più importante social network basato sulla geolocalizzazione rivolto a un target maschile gay e bisessuale, che mette in contatto immediato l’utente con persone che si trovano nelle vicinanze, ha creato il sito www.kindr.grindr.com usando l’assonanza in inglese tra kinder (più gentile) e grinder (macinatore, in fondo siamo pezzi di carne…), per “educare” gli utenti a comportarsi meglio tra loro e combattere ogni forma di shaming, messa alla berlina di qualcuno, o di sexual racism, razzismo sessuale.
Adesso gli utenti della app di cui è segnalato un profilo con testo discriminatorio sono sospesi, ma c’è chi ha sostenuto che Grindr sta così violando la libertà di parola, mentre altri ritengono che non possono più discutere apertamente le loro preferenze.
Per Arkee E. una preferenza è semplicemente godere di qualcosa piuttosto che di qualcos’altro. Alcuni preferiscono il colore rosso e altri il colore blu. Alcuni il gelato al cioccolato e altri il cioccolato alla vaniglia. Fino a qui tutto fila in maniera logica, ma poi aggiunge che preferire il gelato al cioccolato non significa che a qualcuno non piacerà MAI una coppetta di gelato alla vaniglia.
A questo punto lui propone un salto del pensiero. Preferire un twink (gergo per giovane ragazzo carino) muscoloso caucasico (leggi bianco) non significa che qualcuno non potrebbe mai essere attratto da chi è in sovrappeso e nero. Preferire un tipo che è maschile non significa che qualcuno non possa mai essere attratto da chi è femminile. Pertanto i profili che scrivono per esempio “no ciccioni” o “no donne mancate” sono semplicemente discriminatori e inutili. Considerare le persone come se non cambiassero mai pensiero e con scelte “non negoziabili” è in sostanza la causa del pregiudizio sistematico.
Secondo lui le persone dovrebbero chiedersi perché le loro preferenze sono quelle che sono. Perché preferisci gli uomini bianchi agli uomini neri o gialli? Perché preferisci i più magri ai più corpulenti? Perché preferisci gli omosessuali gay agli uomini trans gay?
Per Arkee E. è cruciale mettere in discussione continuamente i propri desideri, e se la risposta a una delle domande precedenti è “semplicemente non sono interessato a quel tipo di persona”, saremmo in obbligo di esplorarne il motivo. Non sei attratto dalle persone di colore (qualsiasi esso sia) perché pensi che siano brutte o perché sei un razzista?
Non ti piacciono le checche sfrante perché hai un’omofobia interiorizzata o semplicemente perché pensi che sono volgari? Il suo commento a questa argomentazione è che c’è un motivo dietro a una preferenza, e porsi queste domande aiuterà a rivelare se la tua è veramente tale o se sei un superficiale sacco di merda (sic). In alternativa porterà a galla se adduci pigre scuse per escludere persone che non sono convenzionalmente attraenti.
Preferire un tipo di persone a un altro (sono bianco e mi piacciono solo i mediorientali; sono snello e mi piacciono solo muscolosi; sono giovane e mi piacciono solo i daddy ecc.) a questo punto sarebbe una forma di feticismo, e il desiderio sarebbe plasmato dall’ambiente culturale in cui ci troviamo a vivere, quindi è modificabile.
Io credo che il desiderio sia duttile (magari anche plasmabile), personale e da rispettare, ma oltre a dire ciò non mi sembra corretto proporre una personale visione e conclusione definitiva su questo tema che però trovo alquanto intrigante e politicamente rilevante.
Non mi è chiaro se Arkee E. pensa o suggerisce che dobbiamo essere “panerotici” (dall’aggettivo greco pan, tutto), quindi volenti o nolenti attratti da chiunque. E se non lo siamo o se non siamo disponibili a fare sesso con chiunque ce lo chieda, che lui o lei ci piaccia o no, è perché siamo stati “educastrati” dall’ambiente in cui viviamo come credo direbbe Mario Mieli. O è perché siamo, consciamente o inconsciamente, dei “razzisti sessuali”.
A me viene da dire che con kindr grindr si vuole principalmente costruire una più grande comunità di utenti soddisfatti (in tutti i sensi…) per fare più soldi, cosa che ha senso nell’ottica di un’azienda che deve pensare anche al profitto per continuare a esistere.
Apprezzo molto però che parli apertamente di diversità e inclusione, di utenti che si trattino l’un l’altro con rispetto, di lotta a razzismo, bullismo o altre forme di comportamento tossico. “È ok avere opinioni ed è ok avere preferenze, ma non è ok discriminare” scrive Derrick, uno dei testimonial. O come dice Joel: “Se non metti ‘no asiatici’ nel tuo profilo, non significa che adesso devi scopare gli asiatici. Significa solo che io non devo vederlo”.
Se nei profili delle chat, universi di fantasie proiettate su fotografie a due dimensioni, iniziassimo a smettere di scrivere solo quello che cerchiamo e iniziassimo a condividere quello che siamo in grado o vogliamo offrire agli altri, amicizia o sesso o una relazione duratura, forse faremmo un salto in avanti nel miglioramento delle nostre relazioni interpersonali di tutti i giorni che avvengono nel mondo reale a tre dimensioni.
Smettiamola di pensare che “il mondo gay è pieno di stronzi”, perché alla costruzione del mondo LGBT per come è fatto ora contribuisce ognuno e ognuna di noi, nessuno escluso o esclusa. Cosa ne dite se oltre a lottare contro l’omofobia iniziamo a promuovere sensibilità e cortesia?