Quello che stiamo andando ad attraversare è un cammino impervio e delicato. Impervio perché zeppo di ostacoli, delicato perché è un cammino che attraversa l’intimo di ogni persona T che sia costretta a compierlo.

 

Il 30 settembre scorso l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), un ente di diritto pubblico competente per l’attività regolatoria dei farmaci in Italia ha stabilito mediante determina pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale (in realtà le determine sono due: una per i “maschi” e una per le “femmine”) che – Udite! Udite! – finalmente ci saranno farmaci gratis per le persone trans!

Moltissime le reazioni positive ed esultanti, sia da parte di persone trans* che non, nei giorni successivi alla diffusione della notizia da parte della stampa, inneggianti a una vittoria rivelatasi poi effimera e proclamata principalmente da persone che trans* non lo sono. Ed è soprattutto la volontà di riprenderci, davvero, parole che sono e devono essere soltanto nostre, che ci ha spinto ad agire. 

Ricordo, a chi non lo sapesse, che siamo stat* legalmente riconosciut* solo nel 1982 con la “famigerata” legge 164; molt* tra noi oggi fanno parte di chi ha lottato quand’eravamo ancora corpi “senza documenti”. Inesistenti.

Nella nostra breve storia abbiamo subìto continue sovradeterminazioni da parte di chi trans* non lo è, ma si arroga il diritto di parlare in nostra vece senza nulla o quasi nulla sapere di noi. Quest’atteggiamento adulatorio da parte del mondo LGB nei nostri confronti, fino a pochi anni fa, ha generato molta confusione e divisione. Abbiamo una vasta collezione di “specchietti per allodole” da condividere. 

Non solo eravamo quattro gatti, ma pure sparsi ai quattro cantoni.  

Non è una vacua pretesa la nostra, le nostre istanze T sono storicamente e necessariamente differenti da quelle del resto del mondo LGB. 

La settimana scorsa guardavo Gli anni amari, film di Andrea Adriatico sulla vita di Mario Mieli. Eravamo nei primi anni Settanta, e durante le prime proteste e manifestazioni comunitarie l’urlo più sentito era “siamo omosessuali, non siamo malati!”. Noi persone trans* ancora oggi siamo costrett* a urlare allo stesso modo: “Siamo persone trans*, non siamo malat*!”.

Qualcosa adesso sta veramente cambiando. 

Insieme all’associazione Libellula, molte altre realtà e singol* attivist*appartenenti al mondo trans* hanno preso atto della decisione di AIFA come qualcosa sì di positivo (farmaci gratis chi non li vorrebbe, specialmente in questo periodo di magra?), però se si legge bene la determina, e si comprende cosa saremo costretti a fare per accedere a questi farmaci, si capisce come sia ancora e solo “un passo di lato”, come ho sentito dire a un amico, e non un passo in avanti. Ecco, noi crediamo sia giunta l’ora di fare un passo avanti!

LibellulaAGEDO e BOA Brianza Oltre l’Arcobaleno, associazione di Monza pregna di fervore nonostante più recente rispetto ad altre realtà, hanno deciso di compiere un approccio critico verso il provvedimento nelle parti in cui ci sovradetermina, ferma restando (se si coniuga in base alla parola “gratuità” non sarebbe più corretto dire “fermo restando”?) la gratuità dei farmaci, che è un diritto inalienabile per chi, come noi, DEVE assumere ormoni a vita.

Abbiamo quindi deciso di presentare un ricorso amministrativo ad AIFA, non per aprire le ostilità, bensì per un confronto vòlto a migliorare, semplificare e rendere perciò effettivo l’accesso gratuito ai farmaci e a tutelare la salute delle persone trans*.

Qui di seguito il testo del comunicato stampa emesso.

 

COMUNICATO STAMPA

TRANSGENDER: APPELLO AD AIFA PER TUTELARE

IL DIRITTO ALLA CURA

LE ASSOCIAZIONI LIBELLULA, AGEDO E BOA (BRIANZA OLTRE ARCOBALENO) AVVIANO UN’AZIONE LEGALE PER RICHIEDERE LA REVISIONE DELLE MODALITÀ DI ACCESSO AI FARMACI 

Leila Pereira: “Non è un atto ostile, ma una proposta di dialogo

per non discriminare e limitare le persone LGBTQI+”

 

Associazione Libellula, che dal 1998 si occupa di assistere, orientare e difendere le persone LGBTQI+, con il supporto di Agedo, associazione di genitori, parenti, amici di persone LGBTQI+ e BOA (Brianza Oltre Arcobaleno), hanno deciso di proporre ricorso amministrativo nei confronti della determina dell’AIFA – Agenzia Italiana del Farmaco del 23 settembre 2020 nella parte in cui condiziona la prescrizione e l’erogazione dei farmaci a vincoli e condizioni che rischiano concretamente di pregiudicarne l’accesso e quindi vanifica di fatto l’erogabilità a carico del Servizio Sanitario Nazionale.

“L’azione – afferma Leila Pereira Daianis, presidente e fondatrice dell’Associazione Libellula – non deve in nessun modo essere vista come un atto ostile, ma come lo strumento per aprire un confronto con l’Agenzia sui punti incerti e oscuri della determina. Vogliamo, infatti, ribadire la nostra piena disponibilità al confronto e al dialogo affinché AIFA possa rivedere la determina in modo da poter essere davvero d’aiuto alle persone transgender”.

Tra i punti contestati della determina vi è il fatto che, mentre la terapia ormonale che induce la modifica dei caratteri sessuali secondari, una volta avvenuto il cambiamento chirurgico del sesso, rientra in regime di rimborsabilità del Sistema Sanitario Nazionale (uso in-label dei farmaci) in quanto considerata terapia sostitutiva, quella effettuata nel periodo di transizione e in coloro che decidono di non ricorrere a intervento chirurgico e realizzano unicamente il cambio anagrafico del sesso, continua a configurarsi come terapia in uso off-label.

Sulla base di tale classificazione la possibilità di somministrazione è stata condizionata dall’Agenzia a una serie di prescrizioni particolarmente gravose e, secondo quanto contestato da Libellula, non giustificate.

Nella determina si richiede, infatti, che la diagnosi e la prescrizione di disforia di genere/incongruenza di genere provenga da “una equipe multidisciplinare e specialistica dedicata” e “con comprovata esperienza”.

“Ma si teme che questo nuovo assetto regolatorio si trasformi di fatto in un gravoso ostacolo all’accesso ai farmaci, anche in considerazione del fatto che equipe con queste caratteristiche sono poche e mal distribuite sul territorio nazionale. Non si specificano, infatti, quali caratteristiche dovrebbe avere l’equipe, né quali specialisti dovrebbero essere presenti per soddisfare il requisito della multidisciplinarietà. Non è disciplinato cosa avvenga per tutti coloro che sono già in terapia e che rischiano di vedersi sospese le cure. Inoltre, – spiega l’avvocato Lorenzo Lamberti che assiste le associazioni nel ricorso – l’esiguo numero delle equipe e la loro non uniforme presenza nelle Regioni costringerebbero molti a spostarsi dai propri territori, introducendo forti elementi di diseguaglianza e dilatando oltre misurai tempi di somministrazione di farmaci, che invece devono essere assunti tempestivamente, per vitare gravi rischi per la salute dei soggetti interessati”.

In aggiunta, non è chiaro se il percorso indicato da AIFA sia obbligatorio solo per avere accesso gratuito al farmaco, oppure se impedisca in ogni caso ai medici specialisti, non inseriti nelle strutture citate dalla determina, di prescrivere i farmaci a pagamento e ai farmacisti di dispensarli.

Non solo: la determina prevede un protocollo clinico rigido per la prescrittibilità, con range di valori prefissati (i livelli di testosterone sotto trattamento devono essere compresi nel range 400-700 ng/dL; il valore dell’ematocrito non deve essere oltre i limiti superiori di riferimento del laboratorio) che potrebbero non essere adatti a comprendere tutte le peculiari condizioni in cui si possono trovare i soggetti che richiedono l’accesso ai farmaci e comunque appaiono in contrasto con le Linee guida internazionali che prevedono una valutazione specifica dei singoli casi.

“Abbiamo deciso di supportare Associazione Libellula in questa azione legale perché riteniamo che la delibera AIFA potrebbe portare a un’ulteriore complessità in un percorso che, ad oggi, è già di per sé molto difficile. La chiave per riuscire ad affiancare al meglio chi sceglie di avviare questo percorso sta, infatti, nella collaborazione e nel rispetto reciproco. Per questo chiediamo ad AIFA di aprirsi al confronto affinché si trovino soluzioni non discriminanti per nessuno» – dichiara Fiorenzo Gimelli, presidente dell’Associazione AGEDO.