Una storia italiana e femminile. Una bambina che raggiunge ottimi risultati in tutto quello in cui si cimentava durante l’adolescenza diventa una ragazza che improvvisamente si scopre nella media, andando in crisi fino a che, innamorandosi perdutamente di una donna più matura che la ricambia, affronterà la svolta più importante della sua vita.

foto: Marie S per Unsplash

 

Ho saputo dell’esistenza del romanzo La Stanza dei Canarini scritto da Giulia Contini, uscito per Bompiani circa un anno e mezzo fa, grazie al 35° MIX Festival Internazionale di Cinema LGBTQ+ e Cultura Queer tenutosi a Milano a settembre.

Nel DNA dell’evento c’è da sempre l’offerta di un ampio ventaglio di proposte culturali non limitate alle proiezioni sul grande schermo, e anche in quest’edizione c’è stato un incontro dedicato sia alla saggistica che alla narrativa LGBTQ+ tenuto da Paolo Armelli, uno dei tre direttori artistici. La data di edizione di questo libro (11 marzo 2020) mi ha portato ad alcune riflessioni di cui però vi farò partecipi di seguito.

Due righe sulla trama che ha per protagonista un’adolescente che si chiama Giulia come l’autrice (forse un nom de plume, ma è un particolare non essenziale). Una giovane che si scopre omosessuale s’innamora della sua professoressa di latino e greco di trent’anni più grande di lei, e decide di conquistarla. Un tòpos ricorrente, al di là di generi sessuali e differenze di età. Quello che in questa storia è particolare, semmai, è la costruzione architettonica cui la nostra protagonista ricorre per arrivare al cuore della professoressa.

La narrazione s’infittisce delle difficoltà e dei dolori che una simile relazione genera, il più delle volte tra i familiari e nel sociale che è intorno alla bolla nella quale le due amanti vivono la loro passione. Una vicenda che si dipana negli anni e in luoghi diversi della penisola, dove Giulia frequenta l’università e dove la professoressa “è costretta” a trasferirsi.

A pesare su di loro, più che lo stigma dell’omosessualità è la differenza generazionale che con il trascorrere del tempo accresce nella donna più adulta fragilità e insicurezze. A nulla valgono le rassicurazioni di Giulia, almeno fino a quando… Non si tratta di un thriller, ma è giusto lasciare a chi legge il piacere di scoprire gli sviluppi del racconto.

Spesso si dice che il primo romanzo dovrebbe trattare di cose note, con le quali l’autore o l’autrice ha dimestichezza, quindi Giulia Contini con questo suo lavoro rispetta le regole, anche se – forse grazie alla sua preparazione culturale e al lavoro che svolge – dimostra capacità che vanno oltre quelle che ci si possono aspettare da un’esordiente. Qualche scelta barocca e qualche virtuosismo, che forse si sarebbero potuti evitare, indicano la ricerca di distinguersi, di attirare l’attenzione.

Voglio però tornare alle mie riflessioni sul MIX. Bravi, certo. Encomiabili, visto che nel resto del nostro paese di simile c’è poco e in quanto a lettori, e non solo LGBTQ+, l’Italia è sempre stata il fanalino di coda dell’Europa. Direi che occorrerebbe avere più coraggio: aprire un dibattito ante e post MIX Off, e non limitarsi alla presentazione di libri a un pubblico silente. Viste le possibilità offerte dal web, così come si sono proposti i film in streaming on demand, per l’anno prossimo si potrebbe immaginare e realizzare qualcosa di “più corposo” per ampliare questa sezione della manifestazione.

foto Georgia Garofalo

Giulia Contini era l’unica autrice donna invitata – e anche questo costringe ad altre melanconiche riflessioni che per questa volta vi risparmio – che ha persino rifiutato l’appellativo di scrittrice. “Ho scritto solo questo romanzo, non posso certo definirmi una scrittrice” ha detto, una modestia che da sola meritava un applauso. L’altro sarebbe dovuto arrivare per il suo coraggio a scendere in quell’arena, dichiarandosi “lesbica” e precisando che molta parte del suo scritto è autobiografico.

Altre notizie che mi hanno resa tutt’altro che felice riguardano la cronica incapacità delle nostrane case editrici in ambito marketing, un’incapacità contaminata da una neppur molto velata nota di omofobia? La realtà è che hanno nascosto il libro al pubblico cui era destinata questa narrazione, lasciandolo affondare senza speranza nel mare magnum della produzione editoriale. Per fortuna il libro è ancora disponibile, per i volenterosi che avranno la pazienza di ordinarlo, e la versione e-book gli ha almeno dato l’immortalità che quasi tutti i libri meriterebbero.

La Stanza dei Canarini è un romanzo a tematica senz’altro omosessuale, ma soprattutto è un “romanzo di formazione”, perché quella che seguiamo è l’uscita di Giulia dal bozzolo dell’infanzia prima e dell’adolescenza dopo. Un libro che, forse, in nazioni più evolute della nostra avrebbe avuto, per diritto e merito, un’attenzione maggiore da parte della critica e un più folto numero di lettrici e lettori. Peccato. Aspettiamo comunque il prossimo perché, come diceva Davide Lajolo, è bello “veder l’erba dalla parte delle radici” e seguirla crescere verso la luce.