Drusilla Foer dopo Eleganzissima torna in scena vestendo gli ambiziosi panni della dea Venere, quando, non più giovane, entra in conflitto con la bellissima Psiche di cui si è invaghito il figlio Cupido: tra le due sono scintille, tanto che la ritroviamo ai giorni nostri esule a Parigi a raccontarci la sua tumultuosa storia, tra una coppa di champagne, una messa in piega e una canzone cult di Gloria Gaynor.

 

Il pubblico televisivo la conosce per le ospitate da Serena Dandini in The Show must go off e in questi mesi da Chiambretti nella Repubblica delle donne, quello cinematografico per la partecipazione a Magnifica presenza di Ferzan Ozpetek. La comunità LGBT ha cominciato ad amare Drusilla Foer (al secolo il fiorentino Gianluca Gori) vedendo questa signora diversamente giovane ma tanto charmante inaugurare due anni fa il Festival Mix Milano di cinema gaylesbico e queer culture al teatro Strehler e dopo pochi giorni diventare madrina del pride meneghino, senza dimenticare la serata dei Diversity Media Awards di Francesca Vecchioni.

Chi frequenta il teatro ha avuto modo di apprezzarla la scorsa stagione nel recital Eleganzissima, in cui Drusilla alternava aneddoti sul suo vissuto (o meglio quello del personaggio che si è abilmente costruita anche manipolando un po’ i dati di realtà) a canzoni evergreen cantate con voce sensuale e l’accompagnamento dell’orchestra dal vivo. L’abbiamo così immaginata tra Londra, Parigi, New York e San Francisco a cavallo tra gli anni sessanta, settanta e ottanta, a fianco di artisti, rock star e celebrities del calibro di David Bowie, Lou Reed, Robert Mappletorpe e tanti altri, in un’epoca in cui l’amore libero e il sesso non erano ancora messi all’indice o demonizzati dalla malattia e lei era lei sempre nel posto giusto al momento giusto.

Della sua vita al presente ci parlava poco e poco ancora sappiamo: se felicemente legata o single impenitente e ancora birichina. Ci ha però fatto molto piacere ritrovarla pochi giorni fa al teatro Leonardo di Milano, protagonista di Venere nemica, spettacolo, ideato e scritto da lei, che rappresenta un indubbio salto di qualità e che si avvale dell’inventiva regia di Dimitri Milopoulos, direttore artistico del glorioso Teatro della Limonaia di Sesto Fiorentino.

Per il testo Drusilla si è ispirata ad Apuleio, autore delle Metamorfosi (o L’asino d’oro) in cui è presente il mito di Amore e Psiche. La Venere che vediamo in scena è però una dea trasportata ai giorni nostri che vive a Parigi, accudita da una paziente ma volitiva cameriera (Elena Talenti) la quale sopporta bizze e bruschi scatti d’umore, rintuzzati da numerose coppe di champagne. Molto meglio vivere nella capitale francese in esilio dorato (specialmente lontano dall’umidità del mare, letale per i lunghi e bei capelli, ora beneficiati dalla messa in piega) che accanto ai “parenti” dell’Olimpo, soprattutto dopo le tante vicissitudini patite. 

In una serie di flashback ci racconta, infatti, che i suoi guai cominciarono quando i rumours circa la bellezza terrena della fanciulla Psiche – che per quella dote veniva chiamata dagli umani con lo stesso suo nome – cominciarono a diffondersi tra gli dei, causandole un comprensibile attacco di gelosia per il timore di venire usurpata. Da qui la decisione di inviare il figlio Cupido (chiamato altresì Eros) con la missione di farla invaghire, tramite le ben note frecce magiche, dell’uomo più avaro e meno attraente della terra: lo sciocchino invece fa distrattamente scoccare la freccia in direzione del proprio piede, cadendo quindi lui stesso preda della passione per la ragazza.

Nel frattempo i genitori di lei, ingannati da un oracolo bugiardo che predice loro un genero mostruoso, una sorta di drago feroce e sanguinario, la relegano in cima a una montagna dove però l’innamorato riesce a scovarla e a trasportarla in volo nel suo palazzo. Soggiace però a un diktat della madre, quello di unirsi carnalmente a Psiche nel buio più totale, senza poterla guardare. La poverina, istigata dalle sorelle che le rammentano la profezia, attribuisce questa stranezza alle fattezze bestiali del suo custode e, armatasi di pugnale e lampada a olio, tenta di sciogliere il mistero e guardarlo in faccia mentre lui dorme. Incauta, fa cadere una goccia d’olio bollente sulla gamba di Cupido che, ustionato, si desta e sentendosi in colpa per non aver mantenuto la promessa fatta alla madre, se ne vola via.

Lei, disperata perché resasi conto del vero aspetto dell’amante, vorrebbe uccidersi ma gli dei glielo impediscono. Si ritrova così a vagare in terre lontane alla vana ricerca dell’amato sinché, come ultima speranza, decide di presentarsi a Venere per implorare il suo perdono e quello del figlio. Quest’ultima per vendicarsi le chiede di sottoporsi ad alcune durissime e crudeli prove, sicura che fallirà. Andrà secondo il suo disegno oppure “omnia vincit amor” e gli amanti potranno finalmente riunirsi e sposarsi al cospetto di tutti gli dei?

Drusilla, in scena sempre generosa e alla ricerca della complicità con il suo pubblico, ce lo dirà solo alla fine e la sua Venere non potrà che congedarsi sulle note di I am what I am, cavallo di battaglia di Gloria Gaynor. Lo spettacolo, in tournée il 22 febbraio al teatro Comunale di Predappio e dal 28 al 1 marzo al Garbatella di Roma, è stato accolto con insistiti applausi che dopo il suo bis con una canzone di Mogol sono diventati un’ovazione per lei.  

 

In occasione della conferenza stampa a Milano le abbiamo posto alcune domande

Lei è una vera alleata della comunità LGBT. È stata testimonial di Anlaids, Rete Lenford, ha aperto il 32° Festival Mix, ha sostenuto il pride di Alessandria… Facendo un oroscopo, cosa vede per noi nel prossimo decennio, magari maggiore parità?

Il decennio inizia proprio bene vedendo quello che sta facendo Trump… Per quanto riguarda la comunità arcobaleno, parlare di parità mi fa venire in mente la disparità che è qualcosa che mi sta antipatica come il chiamare qualcuno “diverso”. Io sono una che dopo che è cascato il muro di Berlino ha pensato che le cose sarebbero andate meglio, che le ideologie si sarebbero assottigliate. Ho pensato che tutto il mondo avrebbe partecipato con ragionevolezza allo sviluppo della cultura, della civiltà, del rispetto dell’altro. Rimango sempre di questo pensiero e, lo diceva anche Chaplin in Il grande dittatore, speriamo in un mondo che sia più ragionevole. Siamo qualcosa troppo e pensiamo troppo poco. Bisogna mettere un po’ di ragionevolezza nel cuore e permettere a tutti di avere la possibilità di essere quello che si vuole nel rispetto di sé e dell’altro. Non sarebbe nemmeno difficile…

Il racconto di Amore e Psiche è tratto dall’Asino d’oro di Apuleio dove il protagonista, trasformato in un quadrupede, nota che, pur nella sfortuna, il suo membro virile è invece diventato di tutto rispetto. Secondo lei, nella vita le dimensioni contano?

Nella vita non lo so: io sono molto indulgente, anche se da giovane lo ero meno. Però ho ricordi di cose molto modeste che avevano intorno uomini meravigliosi. Quindi la dimensione non conta, basta che non diventi simpatia, perché a quel punto è offensivo per entrambi.

Kamala Sukosol, la grande signora tailandese del jazz, come lei ama molto cantare I will survive di Gloria Gaynor. È meglio tendere all’immortalità o essere divine?

Nessuna delle due. Vorrei avere una bella vecchiaia, essere una bella signora che sta bene fino a pochi minuti prima di morire. Questa è la cosa che auguro a tutti. Morire nel momento in cui si sta bene, perché di sofferenza ne ho vista tanta addosso a persone care e la si vede intorno a noi. Vorrei proprio la morte dei giusti: vado dal parrucchiere, mi faccio fare la pulizia del viso, vado a letto e schianto. Così sono in ordine dopo.

Marco Albertini