Esce nelle sale “Falling – Storia di un padre”, film diretto e interpretato da Viggo Mortensen. L’attore, dopo tanti personaggi avventurosi, si cala in un ruolo gay: un figlio che decide di prendersi cura e ospitare a casa con suo marito l’anziano padre omofobo, razzista e intollerante.

 

Cosa può accadere a un figlio gay felicemente sposato con il suo compagno e papà di una ragazzina, quando decide di portarsi a casa un padre ferocemente omofobo, razzista e violento che sin dall’adolescenza lo ha vessato, umiliato e disprezzato a causa della sua omosessualità? Se state pensando al peggio ci avete preso.

Falling – Storia di un padre è un film  scritto, diretto, interpretato e anche musicato da Viggo Mortensen al suo debutto nella regia (62 anni portati alla grande, lo ricorderete nel Signore degli anelli di Peter Jackson, La promessa dell’assassino di David Cronenberg e di recente in Green Book di Peter Farrelly) che qui diventa John, un mite e generoso pilota ex ufficiale dell’aeronautica, disposto ad accogliere il padre Willis (Lance Henricksen, 81 anni, già in Terminator, Aliens, Scontro finale e sicuro candidato ai prossimi premi Oscar) nella sua casa di Los Angeles dove vive con il marito di origini asiatiche Eric (Terry Chen) e la figlia adottiva centroamericana Monica (Gabby Velis).

Siamo nel 2009 e Willis a causa di seri problemi di salute e momenti di confusione mentale è costretto a lasciare la sua fattoria nel rurale nord-est degli Stati Uniti, dove John e la sorella Sarah (Laura Linney) sono cresciuti, e trasferirsi in California per curarsi. Immaginabile è lo shock culturale dell’uomo catapultato in una realtà sociale liberale e progressista, tanto diversa da quella provinciale e tradizionalista da cui proviene.

“La California è lo Stato dei finocchi e di quelli che bruciano le bandiere. Lo sapevano nell’esercito che eri una checca?”, è una delle innumerevoli uscite omofobe di Willis, abbandonato anche dalla prima moglie che se n’era andata da casa con i figli per poi morire prematuramente, lasciandolo libero di sposarsi con una donna molto più giovane che tollerava machismo e sopraffazione pur di godere della sua fortissima carica sessuale e prestanza fisica.   

 “Ho scritto i primi appunti per una sceneggiatura nel 2019 in aereo dopo il funerale di mia madre – racconta Mortensen – proprio mentre mio padre cominciava a mostrare i primi segni di decadimento intellettivo: erano frammenti di memoria, situazioni, dialoghi della storia della mia famiglia. I miei si sono separati quando avevo 11 anni e con i miei fratelli Charles e Walter siamo andati a vivere con mia madre e abbiamo cominciato a vedere papà sempre meno. Lui era un uomo d’altri tempi: in casa voleva comandare ed era intollerante anche se ci voleva bene. Ci sono molte somiglianze con Willis ma il personaggio è inventato”.

L’impronta autobiografica è tuttavia innegabile e molti sono nel film i flashback che mostrano John bambino relazionarsi sempre con difficoltà con il padre (il fascinoso attore islandese Sverril Gudnason, Willis giovane) come quello in cui lo costringe ad andare a caccia per rafforzare la sua mascolinità. 

“Mentre scrivevo – continua Viggo – ho pensato che fare di John un gay avrebbe reso il conflitto ancora più profondo, perché lui non è ciò che il padre avrebbe desiderato. John ha preso a esempio il modello della madre ed è per questo che ha scelto Eric, un partner in grado di assorbire le offese razziste e le sfuriate del suocero accettandolo così com’è. Il problema non è solo che John stia con un uomo o abbia adottato una bambina centroamericana, ma il fatto che nella sua famiglia ci siano tolleranza, comprensione ed empatia, mentre Willis è un asociale e si trova circondato da persone con cui non si sente a proprio agio e tutto ciò che non è come lui si aspetta lo fa imbestialire.”      

Innumerevoli sono, infatti, le scenate in cui Willis sfodera tutta la sua cattiveria e il suo astio nei confronti del figlio, mescolando vecchi e nuovi rancori e ci si chiede per quali eventuali sensi di colpa John sia disposto a sopportarlo, sfiorando davvero il masochismo. Intollerabili sono le sue battute sui ruoli sessuali nella coppia come gli sfottò razzisti all’insegna dei peggiori stereotipi nei confronti di Eric e di Monica.

Non lo placa neanche un sopravvenuto cancro alla prostata con seguente intervento chirurgico: in una scena vediamo un cameo di David Cronenberg (con cui Mortensen ha girato tre film) nelle vesti di un medico. “Ho mandato la sceneggiatura ad alcuni registi e qualcuno ha anche visto una prima versione montata del film. Era importante per me chiedere consigli a persone di cui mi fido. Ricordo il suggerimento riguardo lo stile di ripresa di una regista scomparsa di recente, la quale mi ha detto che non si devono mostrare le cose ma invitare il pubblico a guardarle: ho cercato di farne tesoro”.    

Dopo aver provocato altri disastri all’arrivo della figlia Sarah e dei nipoti che, orgogliosi della loro identità sessuale “fluida”, diventano il nuovo bersaglio di Willis, l’uomo – con un sospiro di sollievo da parte dello spettatore – nel pieno dell’inverno decide di tornare a passare i suoi ultimi giorni nella sua fattoria innevata e John in un ulteriore gesto di altruismo sceglie di seguirlo, chiedendo un congedo dal lavoro.

Qui in entrambi riaffiorano antichi ricordi di cui qualcuno anche non conflittuale e il figlio trova finalmente il coraggio di dire al padre ciò che pensa di lui, del suo carattere impossibile e dei suoi tanti errori. Sarà la strada per una riconciliazione e conseguente presa di coscienza da parte di Willis per la piena accettazione della presunta diversità di John?                

“Ci sforziamo in tutti i modi – conclude Mortensen – di trasformare le persone in quello che vogliamo che siano invece di vederle per quello che sono e lasciarle essere quello che sono”. Falling – Storia di un padre è un film che merita sicuramente la visione e pensiamo che non pochi spettatori e spettattrici ritroveranno similitudini con le dinamiche della loro storia familiare anche senza arrivare agli estremi mostrati nella vicenda. Purtroppo incomprensioni e intolleranza non hanno confini geografici né linguistici.