Il gioco del caso fa incontrare due donne molto diverse tra loro per carattere, età ed esperienze di vita. In comune però condividono la passione per lo scrivere, che sarà la freccia scattata da Cupido su di loro. Una storia d’amore inconsueta ci parla anche di resilienza, cura e ritrovamento del rispetto per se stesse.

foto di Susan Kirsch per Unsplash

 

Inizierò la recensione di Amore infinito di Flaminia P. Mancinelli, libro autopubblicato con Amazon e disponibile sia in versione cartacea sia digitale, in maniera alquanto inconsueta: presentandovi Joelle Taylor, la vincitrice 2021 del T.S. Eliot poetry prize, il più importante premio di poesie della Gran Bretagna e l’unico giudicato esclusivamente da poeti e poetesse affermati.

Joelle Taylor è una donna lesbica butch che parla di donne lesbiche butch, di cui sostiene l’identità specifica. Nel discorso di ringraziamento si è augurata che questo riconoscimento faccia da catalizzatore per altre categorie di persone LGBT di solito poco o non raccontate, affinché finalmente al pubblico arrivino narrazioni nuove e alternative.

Queste due autrici sono legate da un filo rosso che mi ha affascinato, perché il tema che sottostà al titolo Amore infinito, infatti, è la storia di una donna sposata con figlie, che in età assai avanzata incontra in un’altra donna la sua vera anima gemella. Insieme decidono di sfidare le convenzioni sociali e le proprie convinzioni per viversi apertamente come coppia omosessuale, lasciandosi le vite precedenti alle spalle.

Non sono per niente esperto di letteratura lesbica, ma ritengo plausibile il sospetto che le realtà, le passioni e le pulsioni sessuali di donne lesbiche over 60 non siano un argomento comunemente trattato. Eppure esistono, ne ho conosciute, e anche le loro storie devono essere raccontate, perché nel leggere di racconti altrui ci s’incontra, ci si riconosce, ci si scopre o semplicemente si capisce.

Avrei preferito che fosse una donna lesbica a parlare del bellissimo romanzo di Flaminia perché lo ritenevo più corretto, ma lei ha insistito che io sviluppassi in maniera più estesa le opinioni che le espressi a caldo dopo averlo letto in anteprima nella sua stesura definitiva. A questo punto se devo stravolgere le regole del buon senso, dovendo parlare di un mondo femminile che non mi può appartenere né per orientamento sessuale né per identità di genere, tanto vale farlo fino in fondo.

Per me non è così facile recensire libri e di solito lo faccio solo se mi sono piaciuti. Considero poi che i gusti siano comunque personali e, inoltre, come dice Alessandro Fullin in un’intervista che ho ascoltato su YouTube, oramai dei libri si parla solo bene altrimenti s’ignorano. Mi permetto di dire che Amore infinito va letto anche solo per la straordinaria capacità letteraria della sua autrice, e oso affermare che questo è un dato oggettivo e non soggettivo.  

Temo che a questo punto ci si aspetti una sinossi adeguata a stimolare la lettura del libro. Non la inserirò, né per dispetto né perché io e Flaminia abbiamo un’opinione disuguale sulla seconda parte del romanzo, bensì perché il valore del suo libro per me risiede non solo nella storia, profonda, appassionante, straziante, catartica, quanto anche nelle domande che mi ha stimolato.

L’amore può davvero o deve essere infinito per essere considerato amore? L’opinione che esprime Flaminia nelle sue pagine direi che è assiomatica: l’amore deve avere perlomeno la A maiuscola (e le altre è opportuno che seguano). Quello tra Nicole, la cui esistenza è raccontata sin dalla sua infanzia in Francia, e Federica che prende parola dal capitolo 24, è un amore assoluto e totalizzante. Leggendo il libro ne scoprirete i dettagli, le sfumature, le plissettature.

Esiste però una gerarchia dei sentimenti? Se ci sono grandi amori non ci possono essere semplici amori piccoli? Dove inseriamo le persone asessuali e quelle aromantiche, che adesso sono all’interno dell’allargamento dell’acronimo LGBT insieme ad altre lettere? Vi assicuro che non sono ironico. Quante o come sono le loro rappresentazioni?

Per cercare di arrivare a una conclusione aggiungo che sono stato anche molto colpito dalla presentazione del libro Lo spazio delle donne di Daniela Brogi pubblicato da Einaudi, un altro anello che per me si unisce al testo di Flaminia come a formare una catena di idee in collegamento. Leggetelo e capirete questo mio commento.

“Per molti secoli sono state ritenute interessanti solo le opere e i libri degli uomini, mentre le donne sono state addestrate a non avere talento. Sono state silenziate, dimenticate, messe fuori. La soluzione ora è ricostruire l’intero campo su cui si gioca la partita della cultura. La tesi di fondo di questo libro è: come smettere di considerare il mondo solo in termini maschili. Uscire da questa ‘naturalezza’ e da questa ‘normalità’ pregiudiziali non è un obiettivo polemico, ma un’opportunità critica di crescita e di confronto, anche interculturale. Per smettere di considerare il mondo e la cultura solo in termini maschili non si tratta di guardare il paesaggio culturale del Novecento, per esempio, aggiungendo anche le donne, né di ripetere la logica dell’harem, dell’aiuola, o del club per soli uomini. Bensì di far contare la presenza e l’importanza delle donne, anche quando sono state ammutolite o oscurate”.

Flaminia P. Mancinelli

Flaminia P. Mancinelli attingendo dal suo cuore, in quanto dalla pagina dei ringraziamenti traspare che il romanzo è stato anche ispirato da esperienze vissute personalmente, spiega tramite Nicole la condizione di tutte quelle donne che hanno subito o subiscono condizionamenti mentali e culturali tali da far loro credere che non hanno diritto di scelta alcuna e ribalta questa pessima e pessimistica prospettiva.

Nella vita di chiunque tutto si può fare, tutto può comunque accadere, le luci in fondo ai tunnel esistono, il destino è beffardo ma non necessariamente solo in modo negativo. Confucio, infatti, disse che la libertà dell’uomo e quindi anche della donna è infinita, perché si può sempre ricominciare.

Siamo noi che non lo riteniamo possibile o che non ce lo concediamo, perché ci hanno inculcato l’idea che “non lo meritiamo”. Il 28 giugno del 1969 con i moti di Stonewall come comunità LGBT abbiamo però dimostrato che il vecchio saggio aveva assolutamente ragione. Flaminia, invece, l’ha fatto con questo libro, narrando con rara maestria le intense emozioni vissute dalle sue Nicole e Federica e anche da lei.