Cinquant’anni fa usciva sugli schermi cinematografici italiani Splendori e miserie di Madame Royale interpretata da uno strepitoso Ugo Tognazzi. Una pellicola a tematica gay considerata minore ma che nel tempo è diventata di culto. Un accuratissimo libro le rende un appassionato omaggio facendo scoprire ogni più recondito mistero.

 

Alessio Pandora non è il primo omosessuale del cinema italiano, e non è nemmeno il primo a essere provvisto dagli sceneggiatori di una buona definizione psicologica. Senza scomodare Luchino Visconti, pensiamo all’Ercole interpretato da Nino Manfredi in Vedo nudo (1969, Dino Risi), schivo impiegato delle poste noto alle rubriche di cuori solitari come “Ornella”, nom de plume con cui incanta un ragioniere torinese.

Incarnato da un peso massimo della commedia come Ugo Tognazzi, Alessio è comunque il primo omosessuale ad assurgere al ruolo di protagonista assoluto in un lungometraggio italiano, che risponde al nome di Splendori e miserie di Madame Royale, ideato e diretto da Vittorio Caprioli e uscito nelle sale italiane il 17 settembre di cinquant’anni fa.

Una cifra tonda che fa riflettere perché è tanto e poco allo stesso tempo: la vita clandestina dei gay “ante litteram” mostrati da Caprioli – fatta di feste in maschera chiuse in appartamenti privati (“Madame Royale” è l’alter ego en travesti di Alessio), di accoppiamenti notturni in cunicoli bui e di ricatti subiti da poliziotti senza scrupoli – sembra appartenere a una preistoria pericolosamente recente, situata in un limbo tra i moti di Stonewall (1969), la cui eco non si era ancora fatta sentire da noi, e la fondazione del Fuori! (1971).

 

Al di là del primato vantato da Madame Royale, il film è sorprendente per lo zelo investigativo con cui esplora (o ricostruisce espressionisticamente) i luoghi di ritrovo degli omosessuali coevi: cinemini, stazioni e bagni turchi, oltre naturalmente alle arcate del Colosseo che sono la location di una delle scene più memorabili e allucinate della pellicola, quella del “battuage” notturno. Qui s’intravedono per un attimo quelli che, negli anni successivi, saranno tra i più significativi animatori della scena teatrale gay e/o off capitolina: da Dominot a Memè Perlini, passando per Vinicio Diamanti.

Queste peculiarità del film mi hanno persuaso a mettere in cantiere Quelle come me. La storia di Splendori e miserie di Madame Royale, un libro scritto a quattro mani con Luca Locati Luciani e pubblicato da PM Edizioni a metà settembre, proprio a ridosso dell’anniversario del film. Una monografia corposa (340 pagine circa) con un obiettivo dichiarato: celebrare la singolarità di Madame Royale e il coraggio dei suoi artefici.

 

Coraggio che è costato al film un divieto ai minori di 18 anni (senza giri di parole, il magistrato competente disse a Caprioli che un omosessuale “preso sul serio” non poteva uscire nelle sale impunemente) e un successo di pubblico davvero modesto.

La trama, del resto, è tutto fuorché facile: un cinquantenne ex-ballerino di rivista riciclatosi come corniciaio (il nostro Alessio) ha allevato come se fosse figlia propria Mimmina, la bambina avuta da colui che negli anni Cinquanta era stato il suo compagno, morto in circostanze misteriose. Mimmina, passati i quindici anni, rivela un animo inquieto come quello del padre naturale: posa nuda per riviste equivoche e frequenta pessime compagnie.

Quando rimane incinta decide di abortire, ma l’operazione va male e la ragazza viene mandata in un istituto correzionale (negli anni ‘60 l’aborto era vietato e considerato reato contro la morale e la stirpe secondo il Codice Rocco del 1930 che rimarrà in vigore sino alla legge 194 del 1978, N.d.R.). Nel tentativo di aiutarla, Alessio viene manipolato da un ambiguo commissario perché faccia da informatore a proposito di un traffico di pornografia. Costretto a un’altra delazione a proposito di uno smercio di quadri falsi, Alessio si aliena le simpatie di un gruppo di ladri e ricettatori suoi amici, i quali decidono di fargliela pagare…

 

Se la critica iper-perbenista dei quotidiani – abituata a vedere gli omosessuali solo negli articoli di cronaca nera – non ebbe difficoltà a digerire l’immagine di un “invertito” compromesso con la malavita e quindi destinato a una fine grama, l’immaginario proposto da Splendori e miserie fu esecrato dai militanti gay della prim’ora per (almeno) tutto il decennio successivo all’uscita del film: un perdente come Alessio, che per cento minuti di film non fa una sola scelta sensata, non poteva star simpatico agli omosessuali “liberati”.

Il gradimento di Madame Royale tra gli attivisti LGBT+ è cresciuto di pari passo con la reputazione di Vittorio Caprioli come regista (suo anche Parigi o cara, cult gay vintage quant’altri mai): messo in ombra dall’immensa popolarità del Vizietto, il film è stato riscoperto tramite i passaggi televisivi degli anni Ottanta e Novanta. I militanti hanno imparato ad apprezzare l’affettuosa precisione con cui la mentalità di Alessio è descritta e il suo trasporto ai limiti dell’irrazionale per la figlia adottiva (tema molto più caldo oggi di quanto potesse apparire ai militanti old school), che lo porta a fare una serie di errori fatali.

Al mutamento di prospettiva nel giudizio del film sono dedicati i capitoli finali di Quelle come me, nome ispirato alla canzone dei titoli di testa, che nella prima parte si concentra invece – oltre che sulla genesi del film e sulle sue (s)fortune al botteghino – sui fili conduttori della sceneggiatura e sulla psicologia del protagonista, tradotta a livello visivo nel décor scenico della sua casa, “arredata” genialmente da Pier Luigi Pizzi. Alla caratterizzazione individuale di Alessio si affianca una digressione storica sulla vita di “quelle come lui”, e quindi sui fatti reali che potrebbero aver ispirato gli splendori (le feste casalinghe) e le miserie (l’omo-cidio conclusivo) della trama.

 

A corredo del tutto, alcune interviste a persone che hanno contribuito o assistito alla realizzazione del film: da Franca Valeri, ex moglie e sempiterna musa di Caprioli e sceneggiatrice occulta del film, allo stesso art director Pizzi, passando per Ricky Tognazzi, che da giovane fu testimone perplesso dell’immedesimazione del padre Ugo nella vezzosa Madame Royale.

Molta carne al fuoco, sicuramente, per un libro dedicato a un singolo film, per giunta tutt’altro che perfetto, anche a detta dei fan più appassionati. Ma in fondo la scommessa di Quelle come me – prima ancora che di mostrare il valore di Madame Royale come testimonianza storica – è semplicemente questa: indurre il lettore ad affezionarsi un po’ di più ad Alessio Pandora, figlio della sinergia di una straordinaria ma involontaria coppia dello stesso sesso, la mente Caprioli e il braccio Tognazzi.