Un libro processato per oscenità, sequestrato e poi assolto. Altri libertini di Pier Vittorio Tondelli arriva in teatro per merito della regista Licia Lanera che, rimanendo fedele al testo letterario, lo arricchisce con elementi della sua biografia e di quella degli attori, in un ritratto degli anni Ottanta senza censure.

foto: Manuela Giusto

 

Nel gennaio del 1980, venti giorni dopo la sua uscita nelle librerie, nonostante il favore dei critici, del pubblico soprattutto di giovani, e alla vigilia della terza edizione, Altri libertini, primo libro di Pier Vittorio Tondelli viene sequestrato dall’autorità giudiziaria per oscenità in base all’ordinanza emessa dal Procuratore generale dell’Aquila Donato Bartolomei. Un anno dopo al processo tenutosi a Mondovì vengono assolti con formula piena sia l’autore che l’editore Feltrinelli.

Che cosa c’era di così osceno nei sei racconti che compongono il volume? Naturalmente nulla se non un illuminante, veritiero, talvolta impietoso ritratto generazionale con un linguaggio quotidiano e spesso crudo, il sesso in tutte le sue variabili e la piaga della droga. I protagonisti (a seconda studenti, proletari o borghesi) hanno la stessa età dell’autore e le loro vicende, ora tragiche ora esilaranti, si muovono nel triangolo di Correggio (paese natale di Tondelli), Reggio Emilia e Bologna e si dipanano per circa quattro anni.

Di questa sua opera prima Tondelli scriveva “I racconti sono stati concepiti in modo che ciascuno di essi, pur costituendo una unità a sé, confluisse in un romanzo sostanzialmente unitario che è quello della mia terra e dei nostri miti generazionali. Non è certamente autobiografico ma negare un alone autobiografico è sciocco, sarei miope se non lo rilevassi. In effetti parlerei più di occasioni autobiografiche nel senso, per esempio, che i luoghi geografici in cui avvengono i fatti del libro sono luoghi e territori che mi appartengono, che sono connessi alla mia esperienza. Molti fatti raccontati a me non sono successi, li ho immaginati su una traccia che mi apparteneva.”

Decisamente autobiografico sarà, invece, il suo ultimo romanzo Camere separate, pubblicato nel 1989 dove nell’ultima pagina il protagonista, lo scrittore Leo, accenna alla malattia: l’autore, infatti, sapeva già di essere stato colpito dal virus HIV e morirà di AIDS nel 1991 a soli 36 anni. L’opera completa di Tondelli la possiamo leggere o rileggere, arricchita da cronologia e note, nel bel volume Opere – Romanzi, teatro, racconti edito da Bompiani, curato dal critico Fulvio Panzeri che con lui aveva anche collaborato in diverse occasioni.

Il primo racconto è Postoristoro in cui è la ricerca affannosa della dose di droga a occupare il centro dell’azione: per ottenerla ci si prostituisce allo spacciatore di turno come nel caso del bel Gusy, circondato nello squallido bar della stazione da un’umanità dolente e ormai abbruttita, come l’anziana Molly con la sua valigia di cartone o il coetaneo Bibo che, ormai semi svenuto, rischia la morte per overdose, salvato all’ultimo da un buco nel pene praticatogli dall’amico Giusy che, pur di salvarlo, lo aveva portato all’erezione.  

In Mimi e istrioni incontriamo le Splash, un quartetto di travestiti che impazzano nelle discoteche della provincia reggina sempre a caccia di uomini, pagando a volte lo scotto di essere derisi o malmenati. Senso contrario è la cronaca di una nottata convulsa e interminabile che l’io narrante (un ventenne senza nome) descrive da quando viene abbordato al bar dal rozzo Ruby, suo amico bisessuale e occasionale amante (oltre che fornitore di sostanze dietro prestazioni erotiche) dalla fedina penale non proprio immacolata, per una scorribanda verso una locanda di campagna dove cenare. A loro si aggiunge lo scapestrato Lucio, appena maggiorenne, che volentieri si offre come terzo (in cambio di fumo e polvere bianca da cui è già dipendente) del triangolo che finirà all’alba a casa di Ruby per concludere con un rapporto sessuale una notte davvero spericolata, compresa la folle corsa in auto ad alto rischio d’incidente mortale mentre erano inseguiti da una pattuglia di vigilantes.

Licia Lanera, Roberto Magnani, Danilo Giuva, Giandomenico Cupaiolo – ph. Manuela Giusto

Una grande amicizia tra il protagonista, uno studente al DAMS di Bologna di cui non sappiamo il nome, con i suoi amori al maschile sempre destinati a finire spesso non per sua volontà, e l’eterosessuale Gigi è la trama di Viaggio. I due dividono case confortevoli quando possono permettersele e gelide soffitte quando sono al verde, a volte soli, a volte con l’amata o amato del momento. Ci sono anche separazioni temporanee come quando Gigi si trasferisce prima a Roma e poi a Milano con la fidanzata Anna che lo convince a smettere con l’eroina. L’amico durante un viaggio ad Amsterdam si lega, dopo una notte di sesso in tenda, prima a Mario poi, tornato a Bologna, conosce l’agiato americano Sammy che studia alla John Hopkins University (dove insegna anche Francesco Guccini) che dopo settimane serene e appaganti dal punto di vista erotico sparirà senza preavviso.

Mesi dopo incontra l’attivista romano Danilo e questa volta è grande amore: va a vivere a casa sua ma dopo più di un anno di assoluta felicità (pur se non sono mancati violenti litigi e romantiche rappacificazioni, inframmezzati da avventurosi viaggi all’estero) senza mai dimenticare l’impegno politico nel sociale. L’idea che anche questa relazione possa affondare nella mancanza di desiderio o peggio nella reciproca indifferenza o disamore gli risulta però insopportabile e decide di  abbandonarlo, lasciandogli soltanto una struggente lettera d’addio. Pentitosi, mesi dopo lo cercherà di nuovo, però sarà troppo tardi perché Danilo nel frattempo ha trovato un altro compagno. Il risultato è la depressione e la ricaduta nella droga ma un’ancora di salvezza si profila con il ritorno di Gigi.

Non ci dice come si chiama neppure il protagonista di Autobahn, un giovanotto etero di Correggio che inforcata la sua Cinquecento decapottabile si avvia in autostrada convinto, seguendone l’immaginario odore, di poter raggiungere Amsterdam e il mare del Nord e fuggire così dalla routine insopportabile del paese. Sarà però un sogno di breve durata. Dopo una sosta in un bar scalcinato, servito da un barista scontroso, dove investe gli ultimi spiccioli in un bicchierino di Fernet, esce e s’imbatte in una bella ragazza bionda con cui ha un tenero scambio di baci e alla quale racconta la sua storia. Lei è coinvolta ma lui all’improvviso, preda di una sorta di delirio di persecuzione, immaginando sia stata mandata dai suoi concittadini per farlo recedere e tornare indietro, decide di ripartire. Alla successiva sosta in una piazzola si rende conto che l’auto è rimasta a secco. Mentre sta pensando al da farsi, si palesa un autostoppista romano che si dichiara regista di futura fama. Simpatizzano e quest’ultimo, anche lui senza un soldo, gli propone di continuare insieme il viaggio verso la sua meta nordica ma il nostro rifiuta perché mai abbandonerebbe il suo amato veicolo.

Decisamente più corale è Altri libertini che dà il titolo al volume. Siamo a Correggio e in un ritratto quanto mai efficace dei riti e della fauna della provincia incontriamo un gruppo di amici composto da Annacarla, Miro, Ela e al Raffy, oltre al sempre anonimo io narrante che però confessa una poco onorevole predilezione per i ragazzini. Poco dopo il ritorno al paese da Bologna per trascorrere le vacanze di Natale e di fine anno, la loro tranquilla routine è sconvolta dall’arrivo di Andrea, un fascinoso biondo fotografo brianzolo, giunto in Emilia per immortalare campi e cascine. Il gay Miro se ne invaghisce all’istante e la stessa cosa succede alle ragazze. Lui però è più sfacciato (oltre che ricco) e gli offre ospitalità, subito accettata dal forestiero, ma se l’ingenuo pensava di essersi assicurato le grazie del bellone, si sbagliava: come infatti confesserà dopo qualche giorno alle curiosissime amiche, Andrea non gli si è mai concesso.

Incoraggiate da questa rivelazione di provata eterosessualità, le ragazze si mettono in competizione. A spuntarla è prima Ela che verrà presto abbandonata col cuore infranto per Annacarla, la quale però dopo qualche giorno si stanca e lo liquida senza complimenti. A questo punto Miro, complice un bel po’ di alcol che gli ha fatto bere, riesce a ottenere ciò che dal principio voleva dal virile ospite. Il problema è che se innamora perdutamente e lo soffoca di attenzioni ed esagerata passione ma la sua felicità è di breve durata. Andrea, dopo esser stato perdonato per uno scherzo molto crudele che gli ha fatto, una mattina, mentre l’altro dorme, se ne va, lasciando sullo specchio della camera da letto un insulto omofobo. Per Miro è la disperazione e si abbruttisce con la vodka. Sono le amiche a trascinarlo giù dal divano e convincerlo a partire, il Capodanno alle Dolomiti li aspetta.

ph. Manuela Giusto

La regista Licia Lanera per la prima volta ha ottenuto dalla famiglia Tondelli i diritti per la messa in scena di parte del volume. È cosi la seconda volta che lo scrittore di Correggio approda in palcoscenico, dopo la commedia Dinner Party che però aveva espressamente scritto per il teatro.

“Ho scelto Altri libertini – precisa – perché oltre al piacere puramente letterario nell’affrontare questi personaggi in tumulto con la loro lingua meticciata e regressiva ci doveva essere dell’altro. Un giorno quest’altro si è rispecchiato come un’epifania in quelle parole tondelliane che mi hanno messa in relazione con la parola riflusso: è la fine dell’ideologia e la presenza totalizzante del privato nelle narrazioni contemporanee. È un processo che soffro e condanno ma di cui sono totalmente parte, in cui soccombe anche la mia di narrazione, dai social al teatro.”

Dei sei racconti sopra citati, la regista (responsabile dell’adattamento e anche in scena) ha scelto gli ultimi tre, affidandone il canovaccio rispettivamente a Roberto Magnani per Viaggio, Giandomenico Cupaiolo per Autobahn e Danilo Giuva per Altri libertini. Non volendo cadere nel puro omaggio letterario, Lanera delle tre storie ha orchestrato un originalissimo puzzle, destrutturandole e ricostituendole senza mutarne il fulcro, intrecciando quindi le vicende di un’odissea generazionale in cui uno o due attori entrano in quella dell’altro ma anche inframmezzandole con elementi biografici di tutti loro.

Licia Lanera e Giandomenico Cupaiolo – ph. Manuela Giusto

Si mette in gioco anche lei quando rivendica come suoi gli oggetti in scena (per esempio la scrivania a cui spesso è seduta), legati a momenti anche dolorosi della sua vita sentimentale. L’incipit ci rammenta i fatti tragici o lieti accaduti nel 1980, compresa la nascita di un paio degli attori e i primi passi mossi dagli altri due, corredati da foto di famiglia, scritte e date proiettate e immagini d’epoca. Un’operazione brillante e riuscita che ci riporta anche la lingua viva e sperimentale di Tondelli (del quale sono anche inserite alcune battute ritrovate in archivio), forse oggi a torto un po’ dimenticato.

Tutti eccellenti gli interpreti che entrano ed escono dalla finzione letteraria. All’inizio, tranne Lanera che funge da supervisore, sono tutti in mutande e canottiere bianche, poi via via indossano pantaloni, giacca e cravatta e infine un elegante cappotto scuro con sciarpa, simbolo evidente di quel riflusso o normalizzazione che ha toccato i personaggi e noi con loro, al pari della voce di Vasco Rossi, prima potente in Siamo solo noie nel finale – contraffatta – affaticata e arrochita. Prodotto dalla Compagnia Licia Lanera con il Teatro delle Albe, costumi di Angela Tomasicchio e sound design di Francesco Curci, Altri libertini dopo il debutto alla discoteca Cocoricò di Riccione e il passaggio al Piccolo di Milano, sarà in tournée al teatro Piccinni di Bari il 23 e 24 novembre, all’Asioli di Correggio il 13 dicembre e all’Arena del Sole di Bologna il 14 e 15/12.