Torna in scena al teatro Filodrammatici di Milano il festival “Lecite Visioni”, con la nona edizione che ci conduce in un viaggio nel tempo: dall’ottocento di un’agguerrita lesbica inglese, alla Napoli soffocata prima dal regime fascista che manda al confino gli omosessuali e poi occupata dalle truppe naziste a cui si oppongono anche i femminielli, per passare poi agli anni ottanta con un escort che confessa un misterioso delitto e finire al presente denunciando le nostre contraddizioni e debolezze.

 

foto di Laila Pozzo da “Gentleman Anne – Diario di una seduttrice”

 

Sembrava un’impresa impossibile e invece ce l’hanno fatta. Dopo due lockdown e quasi dieci mesi di chiusura dei teatri, condurre in porto un festival significava affrontare una vera sfida: vinta. Dopo ben tre rinvii la IX edizione della rassegna Lecite Visioni dedicata alla drammaturgia LGBT, promossa dal Teatro Filodrammatici di Milano e sostenuta dalla Chiesa Valdese con il prezioso contributo dell’8xmille, prende il via giovedì 20 fino a domenica 23 maggio.

Oltre a non interrompere il dialogo con gli spettatori, era importante dare un segnale di solidarietà a tutti i lavoratori dello spettacolo, tra i meno tutelati e tra quelli che più hanno sofferto per le ripercussioni economiche della pandemia, offrendo un’occasione di lavoro a cinque compagnie fuori dai circuiti istituzionali come quelle scritturate dai teatri stabili nazionali. In settimane cruciali per il destino del ddl Zan, far sentire anche la voce degli artisti e del teatro non pare cosa di poco conto.             

Sarà un’edizione che dovrà necessariamente fare i conti con le restrizioni previste dai protocolli sanitari, in primis la forte decurtazione dei posti occupabili, ma si adotteranno tutte le precauzioni e le norme per garantire la massima sicurezza al pubblico presente.

Quello che il festival si propone è prendere per mano lo spettatore e condurlo in un viaggio attraverso il tempo che illustra quanto siano cambiate (in meglio e in peggio) le condizioni sociali, comportamentali e psicologiche dei personaggi nel contesto della loro storia. Va detto che, pur operando in un momento quanto mai complesso, la rassegna ospita ben tre prime nazionali e una regionale.

Il viaggio inizia alla fine dell’800 con Gentleman Anne – Diario di una seduttrice (il 21/5), scritto da Magdalena Barile con Elena Russo Arman (che i nostri lettori ricorderanno in molti spettacoli del teatro dell’Elfo) protagonista e anche regista e con lei in scena Maria Caggianelli Villani. La pièce procede su due piani temporali: nel primo siamo ai nostri giorni e conosciamo Anna, docente di letteratura inglese che riceve a casa l’allieva Jo per parlare della sua tesi. La ragazza, lesbica dichiarata, vuole convincere la professoressa che anche molte delle celebri scrittrici di quel secolo lo erano, in primis le sorelle Brontë.

In particolare cita Anne Lister, nobildonna inglese lesbica e protofemminista, famosa per aver annotato nei suoi diari anche i particolari più scabrosi delle sue prodezze sessuali. Proprietaria terriera in difficoltà finanziarie, per risollevare le sorti del suo casato pensò bene (e ci riuscì!) di sposare un’ereditiera. Anna si oppone fermamente alle provocatorie teorie di Jo, ma la sua rigidità nasconde grande imbarazzo, forse un segreto inconfessabile… Con un cambio repentino le due attrici ci trasportano nel passato e Anna diventa Anne Lister, Jo la sua amante e poi moglie Anne Walker e insieme ci mostrano il loro esempio di vita libera e anticonvenzionale. Questo personaggio ha intrigato non solo scrittori (Angela Steidele con Nessuna mi ha mai detto di no, tradotto da Margherita Giacobino, edizioni Somara) ma anche la BBC e HBO che hanno realizzato la serie Gentleman Jack andata in onda su LaEffe.

Da un ottocento in apparenza così tollerante (almeno per le classi agiate e colte) in un balzo ci caliamo nella Napoli del 1939 in pieno regime fascista con Ricino (20/5), testo di Antonio Mocciola e Pasquale Marrazzo che ne cura anche la regia. Qui Vito (noto nel giro gay come “la sartorina”) giovane e spavaldo sarto di umili origini, ha una relazione clandestina con Umberto, agente di polizia, laureato in giurisprudenza e sposato con figli. I due si incontrano in una casa che gli omosessuali affittano dividendosi le spese per potersi amare lontano da occhi indiscreti e in apparente sicurezza. Il padre di Umberto, Alberto, è un questore che entrerà a far parte della famigerata OVRA Opera Vigilanza Repressione Antifascista, una sezione speciale creata per individuare e perseguitare gli antifascisti prima e poi ebrei e omosessuali.

Ricino

Dopo la proclamazione delle aberranti leggi razziali di Mussolini, pur non essendo l’omosessualità giudicata un crimine contro la legge, per loro era entrata in vigore l’odiosa pena del confino per cinque anni alle isole Tremiti. Quando Umberto scopre la doppia vita del figlio, si rivale su Vito, estorcendogli una falsa confessione in cui il giovanotto si accusa di esercitare la prostituzione e organizzare orge. Quello che poi scopriremo è che anche l’integerrimo questore ha una doppia vita (ben nota a Vito…) come del resto molti virilissimi maschi in orbace e camicia nera. Il sarto viene imbarcato per l’isola di San Domino dove ritroverà, oltre a comunisti e socialisti, un amico con il quale intreccerà un’appassionante storia d’amore.

Per la scrittura del testo gli autori si sono impegnati in una minuziosa ricerca di documenti e di vicende autentiche (di cui ovviamente non si trova traccia nei libri di storia per le scuole) che rivelano l’uso di pratiche disumane come la tortura negli interrogatori dei sospettati. Nel cast Antonio D’Avino (Alberto), Diego Sommaripa (Umberto) e Vincenzo Coppola (Vito).

Ogni anno il festival prende lo spunto da uno spettacolo a cui far seguire un approfondimento. Lo scorso anno il tema è stato “Omosessualità e calcio”, in questo sarà “Cronache dal confino” che vede presenti, oltre agli autori e al regista, gli scrittori Luca De Santis, autore della graphic novel In Italia sono tutti maschi (Oblomov Edizioni) e Gianfranco Goretti che con Tommaso Giartosio ha scritto La città e l’isola. Omosessuali al confino in Italia (Donzelli).

Passano solo quattro anni e rimaniamo a Napoli, ora in piena guerra e occupata dai tedeschi che operano una sanguinosa repressione. A fronteggiarli ci sono molti napoletani, uomini e donne ma anche un gran numero di femminielli che, al prezzo della vita, hanno dato un contributo significativo alla liberazione, puntualmente dimenticati dalla Storia. Sono loro i protagonisti di La resistenza negata (22/5) di Fortunato Calvino (già presente in due edizioni della rassegna), vincitore del Premio Carlo Annoni 2020 e regista della mise-en-espace che ogni anno il festival organizza in partnership con il Premio.

Grazie alla ricostruzione del partigiano Antonio Amoretti, una nuova luce viene accesa sugli accadimenti di quelle sanguinose quattro giornate quando il popolo, esausto per gli incessanti bombardamenti degli alleati ed esasperato dalla violenza dei nazifascisti, insorgeva issando barricate e prendendo le armi: la consapevolezza che l’unica via era quella di ribellarsi non contemplava più differenze di genere o di orientamento sessuale. In scena Antonella Cioli, Luigi Credentino, Gregorio De Paola e Francesco Barra. La pièce nella sua forma completa sarà al prossimo Campaniateatrofestival il 12 e 13 giugno.                                  

In casa con Claude

Il viaggio nel tempo continua e arriviamo alla fine degli anni ottanta: ci troviamo in Canada nella claustrofobica stanza di un commissariato di polizia dove un ispettore (Ettore Nigro) interroga Yves (Mario Autore), un giovane e fascinoso escort che si è costituito e ha confessato di aver tagliato la gola a un cliente al termine di un rapporto sessuale. Questo il nucleo centrale di A casa con Claude (23/5), scritto da René-Daniel Dubois, scoperto e tradotto da Barbara Nativi che lo volle al suo festival Intercity Montreal di Sesto Fiorentino nel ’93.

Tutto però non è come sembra: il ragazzo ha chiamato i giornalisti che rumoreggiano all’esterno e inoltre tiene in scacco, per motivi che possiamo immaginare, il giudice che deve decidere circa il suo destino. Non solo: Claude non era un semplice cliente abituale ma aveva intrecciato con lui una relazione affettiva, tenendo la fidanzata all’oscuro della sua bisessualità. Inizia così uno scontro tra i due senza esclusione di colpi: Yves sfodera tutte le sue arti seduttive per far breccia sul poliziotto che, pur nella sua comprovata eterosessualità, finisce per provare una sorta di empatia per l’assassino.

Il regista Giuseppe Bucci nel suo adattamento ha scelto di decontestualizzare la vicenda da riferimenti temporali e geografici, sottolineandone la drammatica attualità e contrappuntandola con fantasie oniriche sadomaso agite con il commissario che la mente del giovane, confusa dalle sostanze e dalla musica a palla che ancora gli risuona nelle orecchie, partorisce e fa condividere allo spettatore. Lo spettacolo tornerà in scena in autunno alla Galleria Toledo di Napoli.    

Allegro, non troppo

Il lungo viaggio non può che finire al tempo presente: a farsene carico è la stand up comedy Allegro, non troppo (22/5 e all’Off Off di Roma nella prossima stagione), ideata da Riccardo Pechini e Mariano Lamberti che cura anche la regia con Lorenzo Balducci (attivo nel cinema, in televisione e a teatro, celebre sui social per i suoi folli video en travesti) in scena a far da mattatore.

Tocca a lui mettere a nudo vizi e virtù della comunità LGBT, talvolta vittima essa stessa di pregiudizi, stereotipi e contraddizioni, oltre che mettere alla berlina con nomi e cognomi alcuni noti personaggi da cui ci si aspettava il coraggio di un coming out (peraltro tanto simile al segreto di Pulcinella) che avrebbe potuto far del bene soprattutto ai giovani, bisognosi di modelli di riferimento positivi e realizzati e non certo delle macchiette patetiche e fuorvianti che ci propinano i media come unici prototipi della galassia arcobaleno, alimentando così il disprezzo e l’odio degli omofobi. La vena autoironica e agrodolce di Lorenzo viene usata anche nei confronti di se stesso, sollevando il velo sul suo privato, fatto anche di dipendenze e cadute, ma sempre col sorriso: una grande lezione.