Ritorna in scena Alessandro Fullin e questa volta non rivisita con la consueta irriverenza un capolavoro letterario bensì ci conduce nel bel mezzo della Rivoluzione Francese, dove una duchessa nostalgica del passato e la figlia rischiano di lasciare la testa sulla ghigliottina dopo averla già persa per molti uomini.

 

Lo avevamo lasciato nei panni di una licenziosa Madre Badessa in Suore nella Tempesta, prima con Piccole gonne ci aveva fatto sorridere con la rilettura tagliente, ironica e in chiave contemporanea del celebre romanzo di Louise Mary Alcott Piccole donne, affresco dell’America pioniera e puritana del XIX° secolo, dove la Guerra di Secessione si mescolava a Barak Obama. Qualche tempo dopo rieccolo con La divina: qui, in seguito all’annuncio di papa Ratzinger secondo cui il Purgatorio come luogo fisico non esiste più, Dante per la seconda volta scende nell’oltretomba per poi riscrivere ex novo La Commedia, disponendo una diversa collocazione per iracondi e accidiosi.

Ora lo ritroviamo in piena epoca del Terrore, il periodo storico succeduto alla Rivoluzione Francese del 1789 che prelude al tramonto definitivo dell’Ancien Régime e la nascita del Terzo Stato. Un po’ spiazzati da questo cambio di passo che lo non lo vede ispirarsi a una fonte letteraria, gliene chiediamo ragione. “In realtà anni fa avevo già scritto un’altra commedia ambientata nel settecento, Le serve di Goldoni. Ho sempre bisogno di una storia per metterla nel mio minestrone: può essere la trama di un libro o in questo caso la Rivoluzione Francese.”

Ecco allora Le sorelle Robespierre, la sua ultima pièce, dove Alessandro non è parente del sanguinario Presidente della Convenzione Nazionale (che di sorelle ne aveva due, oltre a un fratello) bensì una duchessa cardiopatica rinchiusa nel carcere di Trieste (non ci si stupisca per la licenza geografica per la quale la sua città natale è diventata francese) dove insieme alle due figlie, una, Anna Paola, in carne e ossa, l’altra, Jole, raffigurata da un manichino di cartapesta, attende di sapere quale sarà la sua sorte: graziata dal presidente Emmanuel Macron o ghigliottinata come già lo sono state ben diciotto suore? Qui le due donne, custodite e guardate a vista dalla severissima Cittadina Champignon, ogni mattina ascoltano la carceriera annunciare le esecuzioni capitali previste nella giornata.

Madre e figlia oltre a macerarsi nell’ansia e a darsi coraggio a vicenda, trovano il tempo anche per farsi reciprocamente del male svelando piccanti retroscena, piccole miserie e peggiori difetti. C’è però anche modo di ricordare i fasti passati, quando erano ospiti dell’imperatore Francesco Giuseppe nel palazzo di Schönbrunn, “servite” da ben dodici camerieri neri (si sa, il nero sta bene sopra tutte, a buon intenditor…) oppure quando soggiornavano dalla duchessa Adalgisa nella sua villa con 87 stanze, situata nei pressi di una caserma dalla quale una decina di militari al giorno facevano visita alla bellissima Jole con gran disappunto di Anna Paola, decisamente meno appetibile sessualmente.

Tra i nostalgici ricordi non può mancare Villa Mona, la loro sontuosa seconda casa a Lignano Sabbiadoro, dove la Jole faceva strage di muscolosi bagnini e la madre anziché consolare l’altra figlia, spargeva sale sulle ferite dicendole che “Gallina vecchia fa buon brodo, ma agli uomini il brodo non piace…”. Anche Anna Paola però sembrava infine aver trovato l’amore nella persona di un ulano, un aitante ufficiale di cavalleria polacco che l’aveva corteggiata e illusa, rivelandosi un impostore poi arrestato. Oltre alla figlia zitella, un’altra spina nel fianco della duchessa è il marito diventato, come lei asserisce, “fluido”. Dopo averlo sorpreso durante un focoso amplesso con un rude falegname, il duca era infatti fuggito con un sanculotto rivoluzionario per partecipare al Gay Pride.

Questi sono alcuni degli ingredienti paradossali di un divertissement in cui Fullin miscela Settecento e anni Duemila e altri secoli nel mezzo, le canzoni in playback di Shirley Bassey e Gilbert Bécaud, la musica di Philip Glass e l’Eurofestival. Arguto e malizioso al suo meglio, riesce a far breccia nel pubblico con la battuta fulminante o il doppio senso licenzioso ma mai volgare. Come sua validissima spalla ritroviamo Simone Faraon che interpreta Anna Paola ed è una presenza costante nei suoi ultimi lavori che vedono una progressiva ridimensionamento del cast, dovuto alle ben note difficoltà in cui si dibatte il teatro italiano. “Purtroppo il Covid non ha aiutato il nostro mestiere – ci dice Alessandro – io non credo che potrò più girare con tanti attori e fare progetti ambiziosi. È un peccato, perché a me l’atmosfera da gita scolastica è sempre piaciuta…”

Dopo le festeggiate repliche lo scorso dicembre al teatro Martinitt di Milano (“L’Italia è davvero uno strano Paese: quando sei a Milano sei in Europa, altrove mi sembra di stare su Marte”), Le sorelle Robespierre sarà al teatro Alighieri di Ravenna il 19 febbraio e il giorno seguente al Michelangelo di Modena.