Una storia breve a fumetto lancia nel titolo una questione che sta infiammando i dibattiti intorno alla comunità LGBT: quello sulle identità ed espressioni di genere. Anche un famoso sito d’incontri gay si adegua ai tempi dando agli utenti nuove opzioni per definirsi.
foto Marco Calignano per Unsplash
Quando Milena Edizioni mi ha scritto per chiedermi se volevo ricevere una copia di Farti crescere la barba non farà di te un uomo di ACquolina alias Alessandro Coppola, illustratore di libri per l’infanzia e per giovani adulti, rimasi colpito dal titolo e dalla copertina. Non avevo aspettative a priori, ma curiosità come quando lessi e recensii Maregrigio di Vincenzo Restivo, romanzo a tematica gay pubblicato con passione dalla stessa casa editrice. Se produrre cultura LGBT è cosa buona e giusta, è però anche una scommessa che non è mai dato per scontato a priori di vincere.
La storia di questo graphic novel fluttua tra realtà, sogno e inconscio del protagonista che seduto su una panchina di un parco inizia a riflettere sulla propria vita, chiedendosi cosa non vada in lui. Andrea ha 35 anni, età della propria esistenza in cui un tempo le decisioni o le tappe fondamentali di una vita erano già state prese, come sposarsi e avere dei figli. Discorso valido se si era un uomo eterosessuale, ma lui è gay e nel 2021 i punti di vista sul desiderio, sull’identità, sulle aspettative riguardo alla vita e all’amore sono diventati sdrucciolevoli.
Ammettendo con onestà che non ha trovato una risposta, inizia un viaggio interiore di riflessione. Andrea sta perdendo la speranza di decifrare la complessità del suo mondo, dove la cerchia degli amici e il ricordo degli ex sembrano più sbarre di una gabbia che chiavi che aprono la serratura per uscirne e scappare. L’uso di bianco, nero e grigio e una grafica semplice trasmettono e accentuano il suo stato di ansia.
Poi, come spesso capita nella vita reale, è la serendipità che gli verrà in aiuto. Davanti a una strada apparentemente a fondo chiuso bisogna aspettare che giunga l’insolito e l’inatteso, accettando di prendere un bivio per cambiare direzione. Tutta questa interpretazione è solo mia, perché il filo del racconto si spezza dopo le prime pagine, e se visivamente diventa più cinematografico l’autore giunge a una conclusione talmente aperta e astratta da essere criptica.
A un certo punto parlando tra sé e sé Andrea commenta: “Vorresti che ti crescesse la barba… …ma tanto a qualcuno non andrai mai bene… …e sentirai pronunciare tante volte parole che fanno male:”. Le parole dopo il doppio punto le trovate nelle due tavole seguenti e sono no effeminati, no depilati, no altre categorie di uomini.
Come spiega la sinossi presente nel comunicato stampa, l’opera vuole offrire “Uno spunto per affrontare il dibattito sugli stereotipi di genere, fisici e sociali presenti all’interno anche della stessa comunità LBGTQ+”. Non mi sento in condizione di avvallare che questo scopo è stato pienamente raggiunto.
Simone De Beauvoir in Il secondo sesso, pubblicato a Parigi nel 1949, scrisse: “Donna non si nasce, lo si diventa”, e lo stesso ragionamento si applica altrettanto bene alla sua controparte maschile nel ventaglio che collega i due poli. Quindi la domanda che ACquolina pone nel titolo ha una sua validità, ma la sua tesi non è supportata da una prova e l’autore per me confonde il dibattito tra sesso e genere con quello tra scelta personale e discriminazione.
Il genere è imposto alla nascita in base al sesso e non è ancora neutrale, perché è accompagnato da una costruzione sociale conseguente che detta come saremo percepiti dagli altri e anche da noi stessi, così come i diritti e la realtà in cui evolveremo. Quando cerchiamo su un sito d’incontri una persona con cui trascorrere del piacevole tempo, invece, è il nostro desiderio che “discrimina” ossia distingue e separa chi ci attira e chi no, sulla base di una o più fotografie, facendoci scegliere di conseguenza.
Tornando al genere, Arnaud Alessandrin, ricercatore in sociologia all’università di Bordeaux, nel suo libro Déprivilégier le genre, introduce un concetto molto interessante: quello del carattere “viscoso” del genere che per lui non è né solido né liquido. La solidità raffigura le caratteristiche dette immutabili e innate, saldamente ancorate nel nostro DNA; la liquidità presenta uno stato sfuggente e in movimento che costituisce l’acquisito.
La nozione di genere è sempre più personale per ognuno/a di noi, quindi il viscoso è un intervallo dove è difficile determinare con certezza la quota del solido e del liquido. La storia insegna, insieme alla geografia, che nel corso del tempo la nozione si è evoluta, tanto che adesso c’è chi combatte contro e chi difende a spada tratta il binarismo maschile/femminile. I modi di definire il proprio genere, infine, sono esplosi senza che ci sia un senso condiviso delle terminologie. Quello che io penso sia una persona queer potrebbe non essere quello che pensate voi che mi state leggendo.
Passando agli stereotipi o per meglio dire alle generalizzazioni per categoria, per descrivere meglio chi si è e chi si cerca, appoggiando la diversità (e aumentando il bacino di utenza), il sito di incontri gay Planetromeo ha diviso la vecchia opzione “gay, bi o trans” presente nei profili in due: Genere (uomo, uomo trans, donna trans, non binario) e Orientamento (gay, bisessuale, eterosessuale, queer).
Se il non piacere a tutti è parte ineluttabile del gioco dell’amore lo stigma invece va combattuto, e scrivere in un profilo “no” seguito da una serie di categorie (giovani, vecchi, grassi, magri, minoranza etnica, sieropositivi…) è solo violenza gratuita che va denunciata. Quello che serve è un’educazione al rispetto altrui, all’affettività e alla sessualità, ambiti dove nell’universo LGBT in generale esiste solo l’autodidattica. Molte persone, inoltre, sono sulle chat per noia più che per interesse a mettersi in gioco per conoscere a tre dimensioni dal vivo qualcuno vedendo la chimica che si crea, cosa che implica rendersi vulnerabili.
ACquolina nel suo fumetto pone domande corrette, però comprensibilmente si perde nel labirinto delle risposte plausibili o legittime che si possono dare. Essere evocativi pone dei limiti sulla qualità della comprensione del messaggio che si vuole trasmettere. Per finire, se farsi crescere la barba grazie alla presenza naturale o chimica di testosterone renderà un aspetto fisico più virile, cosa rende una persona “umana” rispetto a “uomo” è un dibattito che farà scorrere ancora per molto tempo fiumi di inchiostro.