Torna sui palchi italiani una rinnovata edizione dell’adattamento in musical di Hairspray, film del 1988 del regista gay di culto John Waters. Finalmente la parte della madre della protagonista è stata affidata a un’autentica drag queen e non a un attore eterosessuale, come capitò con John Travolta che nel remake cinematografico del 2007, basato sulla versione teatrale, interpretò il ruolo che in origine fu della mitica Divine.

 

A chi conosce la filmografia underground e trasgressiva di John Waters, soprattutto Pink Flamingos del 1972 che probabilmente è il suo lungometraggio più famoso e di culto, Hairspray del 1988, lacca per capelli, che fu distribuito in Italia con il fuorviante e orrido titolo Grasso è bello, potrebbe far storcere il naso.

Malgrado la presenza in un ruolo secondario della sua ricorrente musa ispiratrice, la drag queen ultra camp e trash Divine, questa pellicola che rappresenta la svolta del regista verso una produzione più convenzionale e accettabile anche per il grande pubblico, a prima vista appare blanda.

Ispirato al fenomeno della bubblegum music, canzoni pop allegre e ritmate progettate a tavolino per un pubblico di adolescenti e di solito successi immediati ed estemporanei, anche qui la storia si svolge a Baltimora, sua città di nascita nel Maryland e continuo oggetto di odio e amore nei suoi lavori, in quanto rappresenta ai suoi occhi la cultura americana più antiprogressista possibile, da deridere e denunciare nei suoi difetti.

La trama è molto statunitense e storicamente connotata: l’inizio degli anni ’60 con le lotte per i diritti civili dei cittadini afroamericani, i teenager come nuovo mercato da sfruttare, la televisione “oppio dei popoli”, le alte acconciature cotonate dei capelli femminili a cui il titolo allude. Sostanzialmente l’opposto dell’immaginario sdolcinato veicolato da un film come Grease o dalla serie TV Happy Days.

Tracy Turnblad è un’allegra adolescente sovrappeso i cui sogni di diventare famosa si realizzano quando riesce a partecipare a The Corny Collins Show, popolare varietà pomeridiano musicale e danzante della stazione TV locale WZZT. I dirigenti dello spettacolo si oppongono fermamente alla promozione della musica nera anche se i loro spettatori la richiedono, e concedono all’integrazione razziale un “Negro Day” solo una volta al mese.

Sua madre Edna (Divine, nel film originale) è una sciatta casalinga agorafobica della classe media che disapprova le scelte “ribelli” della figlia, mentre Penny Pingleton è la sua migliore amica che si innamorerà di Seaweed Stubbs, un ragazzo di colore figlio della proprietaria di un negozio di dischi di musica, che insegnerà loro nuovi passi di danza tipici del rhythm & blues. Questi incontri provocheranno una presa di coscienza sul segregazionismo e un attivismo politico con proteste pubbliche per far cambiare le cose.

La bionda Amber Von Tussle, supportata dai suoi bigotti e benestanti genitori Franklin (Sonny Bono, primo marito di Cher, nel film originale) e Velma (Debby Harry, cantante dei Blondie, nel film originale), invece, è la bellissima e snella reginetta del programma, che diventerà un’arcinemica di Tracy quando lei riesce a soffiarle Link Larkin, il suo aitante ragazzo, e a competere contro di lei per il titolo di Miss Auto Show 1963.

La Cesira e Matilde Brandi – fonte: Musical.it

Queste lotte tra bianchi e neri, adulti e nuove generazioni, progresso e conservatorismo, stereotipi estetici e realtà quotidiane, si sviluppano con molte sottotrame che spaziano dal comico al grottesco anche disgustoso cifra stilistica di John Waters, ma vi rimandiamo a vedere il film originale che nel 2002 fu adattato in un edulcorato musical di enorme successo a Broadway. Una prima edizione con canzoni tradotte nella nostra lingua debuttò nel 2010 con Stefano Masciarelli nel ruolo di Edna, parte ripresa nel 2018 da Giampiero Ingrassia, entrambi uomini eterosessuali dichiarati.

Il 26 gennaio 2024 al Teatro Verdi di Montecatini Terme è iniziata la tournée di una nuova versione di Hairspray – the Broadway musical con la regia guidata da Denny Lanza, e finalmente a un’autentica e rispettatissima drag queen è stato assegnato il ruolo di Edna: uno sfavillante Eraldo Moretto in arte La Cesira, che abbiamo visto cantare e ballare e far divertire il pubblico del Teatro Nazionale di Milano a fine febbraio.

Andrea Garota

Prodotto da Musical Times e MTA – Musical Times Academy, è differente dalle edizioni italiane precedenti a partire dal sottotitolo scelto, “Diverso è bello”, che rispetto a “grasso è bello” estende il messaggio dalla body positivity a un’inclusione più ampia e in linea con i tempi attuali. Le coreografie strizzano maggiormente l’occhio alle versioni d’oltreoceano con la danza strumento di narrazione e non solo come accessorio.

Andrea Garota tiene ottimamente in scena Tracy per due ore, Matilde Brandi è perfetta come la perfida Velma Von Trussle direttrice apertamente razzista della WZZT. Il cast di 40 artisti è quasi del tutto composto da giovani che vincono la sfida di alternarsi sul palcoscenico tra 41 cambi scena e 350 costumi, balli e canti sfrenati e parti recitate.

Eraldo Moretto/La Cesira

Ci siamo tolti la curiosità di fare qualche domanda a La Cesira.  

Che effetto ti fa come drag queen di riprendere il ruolo di Edna, e pensi che farla interpretare da un attore eterosessuale, invece, sia apprezzamento o appropriazione culturale LGBT?

Credo che un attore etero o no, quando interpreta una parte deve entrare nel personaggio e dimenticarsi le proprie tendenze… Edna è un personaggio meraviglioso e stuzzicante per un attore che ha la possibilità di esplorare un mondo sicuramente diverso, ma affascinante e ricco di sfumature.

Dagli anni ’60 americani alla realtà italiana del 2024, Hairspray parla dell’importanza della lotta per la conquista e il mantenimento dei diritti da parte delle minoranze sociali. Che impressione ti hanno dato i tuoi colleghi di scena più giovani a questo proposito? 

I giovani fortunatamente sono molto più liberi e aperti di come lo eravamo noi in quegli anni. I miei compagni di avventura mi hanno accolto con estrema cortesia e interesse, e conoscendo la storia stavano tutti lì a guardarmi consci delle battaglie da noi sostenute per essere liberi e andare fieri della nostra “diversità”, pronti a cogliere tutte le sfumature, emozionandosi al mio duetto in scena con mio marito… Perché i sentimenti e l’amore non hanno confini né barriere.

Eraldo Moretto e Simone De Rose

Dal cosiddetto “trasformismo” nei night o nei cabaret, direi tra gli anni ’50 e ’80 del secolo scorso, all’attuale esplosione e sdoganamento del mondo drag queen in televisione, oltre che grande protagonista tu sei un testimone prezioso delle evoluzioni di questo frammento della nostra comunità. Cosa ci puoi o ti va di raccontare in proposito?

Il trasformismo è un’arte! I trasformisti erano quelli che con un colpo di spugnetta, un fard e una riga di rimmel riuscivano a centrare il personaggio, con ovviamente l’aiuto di un costume e di una parrucca. Avevano una cosa che li rendevano unici: le espressioni del viso e degli occhi, che facevano il personaggio interpretato. Oggi sembrano tutte bambole bellissime, preoccupate solo di essere femminili… Quello che vedo in televisione mi preoccupa: tolte le storie personali quello che mi appare è un abito stupendo, un trucco bellissimo, una parrucca monumentale… ma l’anima dov’è??? Noi siamo in scena anche per dare un messaggio di questa evoluzione che non può essere solo “Sono figa!!!!”.

Al Corriere della Sera hai raccontato di quanto agli inizi della tua carriera di attore, oramai quarantennale, come Eraldo Moretto è stato difficile recitare anche vestito da donna. Cosa ti spinse a farlo e a continuare malgrado tutto e tutti?

In effetti 43 anni fa non era facilissimo andare nelle piazze e nei locali vestito da donna, e la difficoltà maggiore è stata quella di far capire a tutti (organizzatori, pubblico, artisti e colleghi vari) che io facevo cabaret in abiti femminili portando anche il mio messaggio certo, ma non volevo essere etichettato… IO SONO UN ARTISTA CHE FA SPETTACOLO IN ABITI FEMMINILI, STOP. Quello che faccio o sono nel mio privato riguarda solo me, e non devo dare spiegazioni a nessuno. Non perché me ne vergogni, ANZI… Però giudicatemi come ARTISTA, poi al limite per il resto ci accordiamo (ride). Questo era il messaggio che portavo (e per cui noi ti ringraziamo vivamente, N.d.A.).