Dopo gli incredibili successi a Parigi, Londra, Tokyo e altre importanti città, è partito da Milano il tour mondiale di uno spettacolo impossibile da qualificare: autobiografia, musical, passerella, attivismo politico LGBT… La vita e l’arte dello stilista “enfant terrible” della moda francese, che la regina delle icone gay Madonna ha definito #GENIUS.

foto: Mark Senior

 

Probabilmente l’unico aggettivo in grado di racchiudere in una breve definizione il Jean Paul Gaultier – Fashion Freak Show è “fantasmagorico”. Al Teatro Arcimboldi di Milano dal 7 al 24 marzo è arrivata l’unica tappa italiana della tournée planetaria (le date sono disponibili qui) della produzione che debuttò a Les Folies Bergère di Parigi nel 2018, e che fu ripensata per Londra dove rimase in scena per sei settimane nel 2021.

Il filo rosso dello spettacolo, una specie di “rivista musicale” stile anni ‘50 del secolo scorso, sono le persone, gli incontri, gli eventi più importanti dell’esistenza dello stilista, quello che ha vissuto, visto e amato. Da quando era bambino ad Arcueil, un piccolo paese a sud di Parigi, a Pierre Cardin che, dopo aver visto dei suoi disegni, a 18 anni lo prese a lavorare nella sua maison. Francis, il grande amore della sua vita e socio in affari con cui aprirà il suo marchio, che morirà di AIDS ed è ricordato e celebrato nelle scene più romantiche, toccanti e militanti dello spettacolo.

La potente Anna Wintour che all’inizio lo disprezza e poi lo glorifica, le star che vestirà da Catherine Deneuve a Madonna per il Blonde Ambition World Tour del 1990… La lista è chilometrica. La prima sfilata catastrofica, la scoperta da parte dei buyer giapponesi, la homme-couture che con un gioco di parole con haute-couture sovverte ulteriormente i confini tra abbigliamento di lusso prettamente maschile e abbigliamento esclusivo prettamente femminile. Riportando le sue parole, Gaultier ha vestito la donna-macho e pensato l’uomo-oggetto.  

Jean Paul fu figlio unico e un nipote coccolato dalla nonna che gli permetteva di fare tutto quello che voleva, anche di giocare con il suo guardaroba e di usare l’orsacchiotto di peluche, a cui aveva dato il nome “Nana”, come modella da vestire e truccare. È su di lui che per la prima volta metterà un reggiseno a coni usando un cartoncino e fissandolo con degli spilli, ed è da Nana che inizia il giro di giostra su cui fa salire il pubblico che alla prima ha applaudito a scena aperta in continuazione.

Nana

Per due ore 20 venti ballerini-performer si scatenano in diversi siparietti consecutivi che scandiscono i passaggi del racconto. Il cambio di abiti-costumi (quasi 300) è frenetico, sono quasi tutte riedizioni di modelli originali di prêt-à-porter, ma alcuni sono stati creati apposta. Immancabile e declinato in molte varianti quello che fu praticamente il suo marchio di riconoscimento: la marinière, la maglia bianca a righe blu della marina militare francese.

Sullo sfondo, un gigantesco videowall crea un’atmosfera ancora più immersiva e coinvolgente, e appare in video anche Rossy de Palma, attrice feticcio di Pedro Almodóvar, nella parte della severa maestra delle elementari che riprendeva il piccolo Gaultier intento a disegnare più che ad ascoltare le sue lezioni. Se volete saperne di più provate a cercare in rete una copia di à Nous Deux la mode, un divertente libro in forma di fotoromanzo con in copertina una foto di Pierre et Gilles, edito da Flammarion.

Durante la conferenza stampa lo stilista ha detto che per lui era speciale essere qui. Ha ringraziato più volte l’Italia (il paese che alla fine degli anni ’70 credette in lui giovane designer, producendolo al 95% mentre in Francia si rifiutavano), e gli italiani che a differenza dei francesi hanno il senso del bello nella cultura. Secondo lui, in effetti, noi diciamo in continuazione: “Che bello!”, “È bellissimo!”.

La scelta di raccontarsi con uno spettacolo ha radici lontane. Quando aveva 13 anni vide il film melodrammatico Falbalas del regista Jacques Becker (falbalà indica una striscia di stoffa che si increspa e si usava come guarnizione intorno a gonne o cappelli, N.d.A.), in cui un creatore di moda per togliersi un capriccio seduce la fidanzata di un suo amico, ma alla fine morirà buttandosi già da una finestra tenendo in mano l’abito da sposa che aveva creato per lei che alla fine lo rifiuta. C’è anche una scena con una sontuosa sfilata: abiti, modelle, luci, musica, il pubblico che applaudiva, tutto molto teatrale. È un’illuminazione, Jean Paul da grande vorrà fare il couturier.

A nove anni, invece, la notte di capodanno alla TV trasmettono uno spettacolo dalle Folies Bergère, un teatro di varietà di Parigi. È un colpo di fulmine, e un altro suo sogno che realizzerà sarà di riuscire un giorno a farne uno anche lui nello stesso mitico luogo. Queste sono le lontane genesi di Fashion Freak Show.

Il titolo contiene una citazione di Le Freak degli Chic, dove nel ritornello si dice che “le freak c’est chic” (il mostro è chic), ma in argot francese le fric sono volgarmente i soldi di cui si nutre come un mostro l’universo moda. Nile Rodgers, chitarrista e produttore di fama mondiale nonché suo amico, co-autore del brano, ha curato la playlist della colonna sonora, che spazia dalla disco al funk, dal pop al rock, dalla new wave al punk, e alcuni brani sono anche cantati dal vivo.

Jean Paul Gaultier

Per Gaultier siamo tutti “mostri”, non esiste solo un tipo di bellezza, ce ne sono molti e ognuno la può trovare dove la vuole vedere con i suoi occhi, anche mescolando estetiche diverse come ha sempre fatto lui. I suoi 50 anni nel mondo della moda si sono conclusi con la sfilata-maratona Haute Couture Primavera-Estate 2020. Per lui non era business ma gioia, il suo sogno di bambino e rivela: “Ho avuto la fortuna di aver giocato professionalmente tutta la mia vita”.

Alla fine delle interviste rilasciate alle televisioni, ignorando la severa responsabile stampa che lo vuole portare via, riusciamo a bloccarlo al volo. Abbiamo notato che sul bavero della giacca indossa una piccola spilla a forma di fiocco rosso, simbolo della lotta al virus HIV e gliene chiediamo il motivo. Un velo di malinconia si forma sul volto, ma con una cortesia squisita ci risponde: “Sono Presidente di Sidaction (associazione francese di lotta all’AIDS, N.d.A.). Il mio vecchio boyfriend è morto di AIDS, dunque è naturale che io sia molto vicino alla causa e partecipo più che posso e come posso”. Chapeau et merci, monsieur Gaultier.