Vincitore della Biennale College 2024, il suo testo Orge per George è andato in scena nell’edizione della Biennale Teatro appena conclusasi a Venezia. Il giovane autore Athos Mion ha sorpreso per l’originalità della scrittura e noi lo abbiamo incontrato per conoscerlo meglio.

 

Ha impiegato 7 anni per elaborare e concludere il suo progetto di scrittura, ma ne valeva la pena. Athos Mion (28 anni) con Orge per George ha infatti vinto ex aequo per la sezione Drammaturgia Under 40 la scorsa edizione della Biennale College, meritoria istituzione della Biennale Teatro che negli ultimi anni, nel campo della Regia e appunto della Drammaturgia, si è rivelata una fucina di giovani talenti, vera e propria energia creativa per dare nuova e necessaria linfa alla nostra scena teatrale.

La Biennale College è un’importante appendice del Festival Internazionale del Teatro che quest’anno ha visto l’esordio alla direzione artistica di Willem Dafoe con il claim Theatre Is Body – Body Is Poetry e che si è da poco concluso negli affascinanti spazi dell’Arsenale di Venezia.

Il prestigioso riconoscimento dei Leoni d’Oro e d’Argento è andato rispettivamente alla regista americana Elisabeth LeCompte, fondatrice negli anni Settanta del Wooster Group, con il Living Theatre antesignano dell’avanguardia Made in USA, con il cui ensemble ha presentato Symphony of Rats, e all’attrice svizzera Ursina Lardi, protagonista di Die Seherin (La veggente), scritto e diretto dal regista e autore Milo Rau, che i lettori in vacanza a Berlino potranno vedere alla Schaubühne dal 19 settembre e tutti gli altri nella prossima stagione al Piccolo di Milano e alla Pergola di Firenze, ovviamente sovratitolato in italiano.

Un’altra presenza assai significativa è stata quella del regista tedesco Thomas Ostermeier, spesso presente sui nostri palcoscenici (prossimamente con L’anatra selvatica di Ibsen all’Argentina di Roma il 23 e 24 febbraio 2026), con il suo Changes, testo di Maja Zade con due strepitosi protagonisti: Jörg Hartmann e Anna Schudt che interpretano ben 23 personaggi diversi, lui anche en travesti.

Ursina Lardi – ph. Nurith Wagner-Strauss

Tra le molte proposte di alto profilo e in prima nazionale ci ha fatto particolarmente piacere conoscere Princess Isatu Hassan Bangura, artista ventiseienne nata in Costa D’Avorio, cresciuta in Sierra Leone ed emigrata a 13 anni con la famiglia in Olanda per sfuggire alla sanguinosa guerra civile. Di questa sua storia ci ha parlato nell’emozionante Great Apes of the West Coast, in cui racconta di essersi per la prima volta sentita “diversa” a causa del colore della pelle nel Paese che l’aveva accolta, mentre usando la modalità della spoken word (forma di poesia espressa oralmente in forma di monologo) ha portato Blinded by Sight, ispirandosi al mito di Edipo, contaminato con musica e danza.

Ricordiamo, infine, Pinocchio. Che cos’è una persona? (al San Ferdinando di Napoli dal 27 al 29 settembre e all’India di Roma dal 17 al 22 febbraio 2026), scritto e diretto da Davide Iodice che, rivisitando il romanzo di Collodi, ha chiamato a interpretare la pièce ragazzi diversamente abili e giovani sottratti alla criminalità, ora allievi della Scuola Elementare del Teatro APS di Napoli di cui Iodice è fondatore e direttore artistico.

Jörg Hartmann e Anna Schudt

Torniamo ora e diamo spazio ad Athos Mion e al suo Orge per George. Come vuole la prassi della Biennale College, il vincitore dell’edizione precedente è premiato con la messa in scena del suo testo, in questo caso diretta da Arturo Cirillo (ai cui lavori abbiamo sovente dato conto su queste pagine) che ne ha affidato la mise en lecture agli allievi della Scuola del Teatro Stabile di Napoli, tutor alla scrittura Davide Carnevali.

Non è semplice raccontare la trama che vede in azione oltre una ventina di personaggi. Il protagonista è un Ragazzo (non ne conosciamo il nome) che si è infatuato di un certo George e con lui ha da poco iniziato una storia. All’ultimo appuntamento però l’oggetto del desiderio (dando prova di insensibilità e scarsa educazione) non si è fatto proprio vedere. Sperando di rintracciarlo, il nostro piomba nel bel mezzo di un party a luci molto rosse dove interagirà con una pletora di astanti, tra i quali Oscar Wilde, San Sebastiano, Pasolini, Mario Mieli, Socrate, Freddy Mercury e Jeff Striker (che a turno maledicono il Ragazzo perché a 8 anni non aveva avuto il coraggio di dichiararsi gay), Sant’Antonio, Raffaella Carrà (che pensava fosse una festa in maschera e non un’orgia), un capitalista, un leone, un Master (sorta di padrone di casa/maestro delle cerimonie), uno Slave e come supporto logistico ben cinque glory hole. Non mancano inoltre vari tipi di droghe, dispensate a volontà. Alcuni di questi personaggi mostrano empatia (come Silvia) e lo consolano, dato che George è introvabile, altri lo maltrattano senza riserve.

Orge per George – ph. Andrea Avezzù

Questa spasmodica ricerca dell’innamorato (non sveliamo il finale) però non sarà fine a se stessa e per il Ragazzo diventa una sorta di seduta di autocoscienza. Ripercorre, infatti, la sua vita sin da quando a 19 anni aveva avuto il primo rapporto sessuale, interrogandosi su come si è poi relazionato con l’amore e con il sesso. È dunque un testo che va letto al di là della dimensione grottesca e surreale che lo rende comunque assai godibile con sprazzi di umorismo e autoironia nei confronti di alcuni aspetti della realtà omosessuale, perché parla anche di un dolore, di una sofferenza.

Mion ha usato la tecnica dell’autofiction (diventata celebre grazie ai lavori dell’uruguaiano-francese Sergio Blanco) in cui l’autore traspone parti sé in diversi personaggi. La regia di Arturo Cirillo ha bypassato i momenti più scabrosi (compreso un tentativo di stupro) nei quali sono esplicitate diverse possibilità e modalità di amplessi, dando loro voce ma tenendo i 14 attori a distanza… di sicurezza tra loro, peraltro lasciando integro il linguaggio assi crudo e realistico per quel tipo di situazione.

Il copione lo reggono in mano, talvolta lo leggono (comprese le note dell’autore) ma più spesso recitano, sempre iperdinamici e poliedrici. Auspichiamo che Orge per George trovi presto una produzione per poterlo apprezzare in veste di spettacolo compiuto nelle nostre sale, sicuri dell’interesse che potrà suscitare da parte di un pubblico trasversale.

Abbiamo incontrato Athos e gli abbiamo chiesto di parlarci della sua biografia e di questo lavoro.

Ci racconti della tua formazione?

Sono nato a Verona, ho lasciato il liceo scientifico capendo che non era la mia strada per iscrivermi allo STArS (Scienze e Tecnologie delle Arti e dello Spettacolo), un corso simile al DAMS (Discipline della Arti, Musica e Spettacolo) alla Cattolica di Brescia. In questa sede alle materie teoriche sono associati corsi pratici, come recitazione, critica teatrale e video making. Ho sempre desiderato studiare teatro e al momento della tesi il relatore mi ha consigliato di farlo alla Scuola Paolo Grassi di Milano. Mi ha subito affascinato il luogo e la condivisione di arti tra persone diverse e nel 2019 ho scelto il corso triennale di regia. Prima della Biennale College avevo lavorato in questa veste in opere contemporanee in cui potevo relazionarmi con l’autore, come è accaduto con la drammaturga Angela Demattè. Avendo frequentato alla Grassi anche corsi per autori (tra cui quello con Davide Carnevali), mi sono portato dietro sia scritture di scena sia tanti progetti. Data la mia formazione non ho mai avvertito la separazione tra autore, regista e attore come categorie differenti, soprattutto nei contesti più off.

Veniamo alla genesi di Orge per George.

L’ho scritto in sette anni con diverse stesure, senza darmi l’obbligo di doverlo chiudere. Dopo aver letto le linee guida dell’ultimo anno della direzione artistica di ricci/forte, ho ritenuto che il testo fosse idoneo per il bando della Biennale College e ne ho inviato una scena, quella dei celebri omosessuali del passato che lanciano anatemi conto il Ragazzo per la sua presunta omertà ai tempi della terza elementare, perché conteneva tutto il linguaggio che avevo immaginato nella scrittura, pregno di ironia ma anche del dolore del protagonista che per la prima volta si metteva a nudo. Sono passato alla selezione e poi ho vinto.

Athos Mion

È un testo estremamente complesso e diversificato, pieno di citazioni colte insieme ai dettagli delle pratiche più estreme: come lo definiresti?

Forse… orgiastico, ma è troppo facile. Diciamo tracotante e allucinogeno. Il sesso è solo una parte, una vernice. Parlo di come oggi è difficile intercettare un amore, una relazione, chiusi come siamo in una connotazione di noi stessi, della ricerca di se stessi e anche la difficoltà di riconoscere l’altro come una persona con cui devo relazionarmi. Infine, un terzo elemento, forse più ideologico e meno emotivo è quello di costruire una narrazione a cui appartenere e nella quale riconoscersi. L’orgia altro non è che la situazione affettiva in cui ci troviamo e che cerchiamo di capitalizzare: desideriamo, infatti, che i rapporti ci fruttino qualcosa, tipo il piacere, una relazione o il semplice star bene.

In questi tempi che non sono affatto sereni per la comunità LGBTQ+, pensi di contribuire con un apporto tramite il tuo lavoro d’artista?

Il mio punto di riferimento è sempre stato il pubblico: è fondamentale quello che io cerco di dare a persone che spesso non si sentono rappresentate. A Venezia ho invitato allo spettacolo alcuni ragazzi che stavano preparando il pride per avere un loro feedback;. A Verona, Roma e Milano ho chiesto a persone attive nei collettivi cosa dava loro il mio testo. I miei primi spettatori sono stati i rappresentanti di questa comunità molto politicizzata con cui condivido le lotte. Il testo ha anche un portato politico e sociale, però la vera azione politica e sociale si fa in altri spazi: il teatro tende a parlare a un pubblico che ha già tanti diritti e uno status ben definito.